Così il Veneto accende le stelle nei suoi fornelli

Sono 41 nell'ultima Guida Michelin Nei piatti materie prime prelibate dalla selvaggina ai formaggi Dop Eppoi c'è il Prosecco...

Maurizio BerteraAl Nord-Est c'è qualcosa di nuovo: la cucina veneta in un momento di grazia. Al di là del valore perenne di risi e bisi, sarde in saor, pearà tanto per citare le prime tipicità in mente non ci sono dubbi che i ristoranti di questa grande regione stiano giocando bene le loro carte. Un dato numerico su tutti: nell'ultima Guida Rossa Michelin, solo la Lombardia (66 stelle in totale) è ampiamente davanti al Veneto (41) mentre Piemonte e Campania sono a un passo (42 entrambe). Ma soprattutto ci sono state la doppia stella di Casa Perbellini, geniale concept a Verona, e ben cinque nuove stelle singole: Aga di San Vito di Cadore (BL), Dopolavoro e Oro Restaurant a Venezia (entrambi ristoranti in albergo), La Tana Gourmet ad Asiago (VI) e Aqua Crua a Barbarano Vicentino. Lo chef di quest'ultimo locale è Giuliano Baldessari, trentino cresciuto alla corte degli Alajmo sicuramente molto importanti per la crescita generale in regione - e considerato un talento tra i più luminosi della cucina italiana, insieme a Lorenzo Cogo, classe 1986, bravissimo a portare El Coq a una stella, già nel 2011. Baldessari è capace di interpretare in modo personalissimo la carne di asino o di preparare le capesante adriatiche con artemisia e argilla; Cogo invece è ardito (c'è chi dice sin troppo) al punto da passare da un menu «grezzo originario» termine suo a quello dell'«io culinario» con proposte originalissime tra il Veneto e il mondo.Sono la prima linea di un movimento che sta finalmente trovando la chiave giusta nello sfruttare il ben di Dio offerto da una terra che non ha rivali: grande selvaggina, pesce di lago e di mare tra i migliori in Italia, salumi come la Soppressa, tredici formaggi DOP (Asiago in testa), l'olio gardesano e il riso Nano Vialone, quattro IGP di Radicchio e gli asparagi bianchi, la Ciliegia di Marostica e il Fagiolo di Lamon... C'è da godere per 365 giorni su 365, tanto più bevendoci sopra sua maestà il Prosecco (mezzo miliardo di bottiglie con la vendemmia 2015), un grande Amarone o un emergente Valpolicella. O per stare più leggeri un Soave o un Lugana, chiudendo però l'esperienza culinaria con un bel Recioto. Ovviamente ci siamo limitati al semplice, ma si potrebbe scrivere una pagina a testa per ogni prodotto veneto DOP o IGP come per ogni vino DOCG, DOC o IGT. «Per me i tre prodotti del cuore sono altri: il bruscandolo (ndr, il luppolo selvatico) la moeca (ndr, il granchietto verde) simbolo della cucina di mare e il Pandoro che in quanto veronese e pasticciere non posso dimenticare sottolinea Giancarlo Perbellini - sono contento che i nostri giovani cuochi stiano guardando in casa più che seguire le mode, tanto è vero che il rinnovamento serio sta avvenendo in quelle province come Treviso, Vicenza e Venezia dove la cucina era un po' ferma. Il mio contributo? Ho rivisitato molti piatti della tradizione, compreso il riso al tastasal (ndr, l'impasto di carne fresca di maiale), anche se quello di mia madre resta inarrivabile». È evidente la voglia diffusa di rivedere anche i piatti usciti dalla Serenissima e diventati «italiani»: il fegato alla veneziana, il baccalà mantecato (ci sono innumerevoli varianti, come per la polenta), il tiramisù oggetto di un'infinita querelle che però non ha messo in dubbio l'origine trevigiana. Gli stereotipi appartengono al passato, persino nella Milano del ramen e del ceviche, c'è un'ambasciata culinaria del Veneto: la guida Daniel Canzian, marchesiano puro e trevigiano doc, che nel suo locale Daniel Cucina Contemporanea non delude i nostalgici del baccalà (sempre in carta, anche come ripieno dell'ottimo cannolo di polenta: più veneto di così...) e serve piatti tradizionali rivisitati con classe: granciporro, riso nero, riso alla granseola, tiramisù ai marron glaces. «Il mio maestro Gualtiero ha sempre amato la dolcezza della cucina veneta, frutto della sintesi tra il Mediterraneo e l'Europa che trovava qui lo sbocco ideale al mare. A noi il compito di attualizzarla ancora di più, sapendo che per le cotture brevi e l'ampio uso di vegetali è decisamente tra le più moderne in Italia». Dimenticarsi quindi l'immagine di una cucina vecchia, bloccata e priva di talento.

Basta ricordare che la pizza-gourmet è nata sulla rotta Verona-Vicenza grazie a due genietti quali Renato Bosco (Saporé, San Martino Buon Albergo) e Simone Padoan (I Tigli, San Bonifacio) e che ad Arzignano c'è la prima macelleria con cucina quella dei fratelli Giorgio e Gian Pietro Damini ad aver conquistato una stella Michelin, nel 2014. Sono figli della Valle del Chiampo, provincia di Vicenza, e non della Langa cantata dai carnivori.

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