Così Vittorio Zucconi commenta l’agguato in libreria...

Caro direttore,
ecco il commento del blog di Zucconi su Repubblica riguardo le manifestazioni di intolleranza alle quali è stato sottoposto. Anche se ogni commento sembra superfluo, gradirei una sua opinione.

Riporto testualmente quello che ha scritto Zucconi e che il lettore mi ha gentilmente inviato, dal momento che, per mia fortuna, non ho tra le attività principali della mia giornata quella di leggere il blog di Zucconi.
«Aborro e detesto manifestazioni di intolleranti che bloccano la presentazione di un libro, avendone fatte tante per i miei, qualunque esso sia, perché il diritto di esprimersi in pubblico, se non si incita all’odio o se non si grida “al fuoco” in un cinema affollato, è sacrosanto per tutti, anche per il più abominevole figuro. Se quel libro mi fa schifo, non lo compro e basta. Soltanto è un po’ curioso che un ministro guidi la presentazione di un libro scritto dal direttore di un giornale che appartiene alla famiglia del proprio presidente e che, sorpresa sorpresa, sostiene la politica del governo e quindi fa da soffietto alle tesi del ministro che presenta il libro. Sono quei tipi di incesto politico giornalistico scritti in corpo 69 che in Italia, ormai, sembrano diventati normali e quando lo fai notare, si arrabbiano pure. A me queste ammucchiate, che un tempo venivano rimproverate dai veri liberali alla sinistra, fanno persino un po’ più ribrezzo delle orgette da “signori e signore” coi pisellini al vento e i sederini tagliati dal filo della polenta negli harem del padrone. Perché il pisellino è loro, ma il governo è mio».
Questo è quello che riporta sul suo blog quel galantuomo di Zucconi, cui il Signore ha dato sicuramente il dono della scrittura, ma poi ha dimenticato il resto. Una risposta? Beh, tanto per cominciare, caro Vittorio, le ammucchiate le farà lei, in corpo 69 o no, col pisellino al vento o col sederino tagliato, questo poco mi interessa. Io non ho fatto nessuna ammucchiata: si figuri che a me i luoghi affollati mi danno un senso di nausea, persino al supermercato non riesco a stare più di qualche minuto. Le sembrerà strano, ma io ho semplicemente cercato di presentare un libro dove non si sostengono le idee di nessuno, né le politiche di alcunché: si danno numeri, cifre e storie vere della scuola italiana. È così strano chiedere di poterne discutere con il ministro della Pubblica Istruzione? E con chi avrei dovuto discuterne? Con il presidente delle Poste? Con l’ambasciatore del Tagikistan? Con il cantante dei Depeche Mode? Capisco, per carità, che il fantasioso Zucconi abbia qualche problema con le cifre esatte e con le storie vere: pare che gli diano una certa irritazione. La grande prosa non può mica tener conto della realtà... Anche recentemente, infatti, l’abbiamo visto alla prova: s’è dovuto arrampicare sugli specchi (deformati) per raccontare l’incontro tra Berlusconi e Obama come un fallimento. Ma si sa a lui la creatività non manca. Perciò non mi stupisco più di tanto che giustifichi di fatto l’aggressione in una libreria. Non mi stupisco nemmeno che trovi nelle pieghe della sua prosa l’occasione per darmi dell’«abominevole figuro».

E tanto meno mi stupisco per il fatto che non spenda nell’occasione nemmeno una riga di quell’indignazione che sicuramente l’avrebbe travolto qualora fosse stata impedita la presentazione del libro di un Curzio Maltese qualsiasi. L’unica cosa che mi piacerebbe da uno che va in giro per il mondo a sputare sentenze su tutti e tutto è che prima di parlare dei contenuti di un libro, per lo meno, si prendesse la briga di leggerlo. Chiedo troppo?

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