«Costa e non serve»: i mugugni dei genovesi sulla Casa dei mugugni

Misero bilancio dello «sportello» voluto dal Comune: solo un’ottantina di proteste in tre mesi di apertura

«Costa e non serve»:  i mugugni dei genovesi  sulla Casa dei mugugni

Erika Falone

Sono i vicini di casa rumorosi il primo motivo di mugugno dei genovesi. Seguiti da igiene pubblica e disservizi di Amt e Amiu. Questo è tutto quanto ha scoperto la «Casa dei mugugni» nei suoi primi tre mesi di attività. È lì, in via San Giorgio, che spesso qualcuno (un’ottantina, dal giorno dell’apertura) si affaccia dalla vetrina per chiedere: «Ma è vero che qui si può mugugnare?». All'angolo della protesta si borbotta pure per i disagi legati al quartiere: disturba la presenza di musicisti di strada sotto le finestre, di mendicanti e di aree gioco frequentate da bimbi troppo chiassosi. Ed è sempre alta la preoccupazione di chi abita nella zona e non ne può più di spacciatori e delinquenza.
Il borbottare alla genovese ha radici molto lontane. Il diritto di mugugno era riconosciuto ufficialmente a chi lavorava a bordo delle navi già ai tempi della gloriosa Repubblica di Genova. E se allora mugugnare non costava niente, oggi è un lusso mica da poco: la «Casa del Mugugno», che a breve rischia di chiudere per insufficienza di fondi e scarsità di «mugugni», è già costata 20mila euro alla Regione Liguria e altrettanti al Comune di Genova. Sembra che a lamentarsi siano soprattutto le donne, di un'età compresa fra i 26 e i 59 anni. Chi mugugna meno sono invece i giovani, solo 3 casi sugli 88 che si sono presentati allo sportello in tre mesi. «Spesso entrano arrabbiati - racconta Alessandra Risso, una delle responsabili del centro - ma dopo essersi sfogati escono con il cuore più leggero». Non solo i genovesi, ma anche gli stranieri - che vivendo a Genova hanno imparato l'arte del mugugnare - si rivolgono allo sportello per chiedere informazioni o avere consulenze legali su problemi familiari o di vicinato. «Abbiamo iniziato raccogliendo lamentele legate alla città - dice Alessandra Risso -, poi, pian piano, i cittadini hanno iniziato a riconoscerci proprio come un centro per la "gestione dei conflitti". Spesso ci poniamo come mediatori fra le parti in contrasto». Dal report compilato dalla «Casa» per i suoi primi mesi di attività emerge che sono in maggioranza quelli che si lamentano per la vicina «di sopra» che va avanti e indietro con i tacchi, magari nel bel mezzo di una festa, quando i tacchi diventano ben più di un paio. Mal tollerati anche i vicini che hanno l'abitudine di ricevere molte visite (pratica radicata soprattutto fra gli extracomunitari, come spiegano al centro). Porte e portoni che sbattono in continuazione, ascensori che viaggiano su e giù tutto il giorno.
Ma il mugugno non ha sempre ragione e qualche caso rimane avvolto dal mistero: «Ci è capitato che qualcuno lamentasse fragori notturni provenienti dall'appartamento attiguo - continua una delle responsabili del centro -. Abitato, come poi abbiamo scoperto in seguito, da una coppia di anziani signori. I quali, ci hanno assicurato, la notte dormono profondamente».

Ma la fine che fanno i «mugugni»? Nella maggior parte dei casi, viene semplicemente fatta una segnalazione telefonica a chi di dovere: Amiu, Amt o Carabinieri, a seconda della situazione. Lo strano è che una volta per fare una telefonata bastavano un gettone e una cabina telefonica. Ora ci vuole una «Casa» intera. Alla faccia dei buchi di bilancio.

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