Costituzione La vera storia dell’articolo 33

Uno dei nodi più caldi del dibattito sull’istruzione in Italia ruota attorno al ruolo della scuola «privata» e il suo rapporto con l’istruzione pubblica e i finanziamenti da parte dello Stato. Tra le questioni più dibattute c’è quella del senso del dettato costituzionale, di quel famoso articolo 33 della Carta che reca un inciso relativo all’istruzione nelle scuole paritarie: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Molti hanno infatti sostenuto che questo articolo neghi la possibilità allo Stato di erogare qualsiasi tipo di finanziamento a questi istituti. In realtà se si esamina non solo il testo costituzionale ma anche il testo dei lavori preparatori dei padri costituenti ci si rende subito conto che questa interpretazione restrittiva è quantomeno «antistorica» (un’ottima lettura a riguardo è «La buona scuola pubblica per tutti. Statale e Paritaria» edito da Giuseppe Laterza). L’onorevole Epicarmo Corbino, appartenente al gruppo misto, infatti propose quell’inciso, che riuscì a far introdurre, precisando che: «La norma avrebbe dovuto solo escludere che lo Stato potesse ritenersi obbligato a finanziare le scuole non statali per il semplice fatto della loro esistenza, non dovendosi però escludere la facoltà per lo stato di effettuare questi interventi nei casi e nei modi ritenuti più opportuni». Qualcuno obietterà che se l’inciso è da intendersi in questo modo quel «senza oneri» è un pleonasmo. All’epoca lo giudicò così anche Giovanni Gronchi (Dc).

Ma l’onorevole Corbino e l’onorevole Codignola difesero la formulazione che venne approvata e, appunto, nel difenderla la spiegarono. Quindi si può pensare quello che si vuole del finanziamento alle scuole paritarie. Ma per negarne la validità è meglio lasciar stare la Costituzione italiana.

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