Cultura e Spettacoli

Costruire la bellezza pietra su pietra

I maestri italiani dell’architettura spiegati dallo storico Peter Murray

Costruire la bellezza pietra su pietra

Per un uomo del terzo millennio è difficile immaginare altri periodi che abbiano conosciuto tante trasformazioni quante quelle che hanno segnato il mondo negli ultimi decenni. Eppure la cesura tecnica, estetica, culturale che si manifestò fra ’400 e ’500 fu così evidente che i contemporanei la segnalarono con orgoglio.
Molti avvenimenti, e di natura molto diversa, si concentrarono nella seconda metà del XV secolo e nei primi anni del XVI. La storia politica vide la caduta di Granada, ultimo principato arabo nella penisola iberica, in mano ai Re Cristiani, e quella di Costantinopoli, che fino all’ultimo giorno della sua difesa era il più vitale centro culturale del Mediterraneo, in quelle di Maometto II. Carlo V divenne imperatore di gran parte d’Europa e delle colonie annesse ai suoi stati. Gli europei erano giunti in India, Cina e Giappone, prima di scoprire l’America. E anche la spiritualità venne sconvolta nel 1517 dall’affissione delle tesi di Lutero sulla porta della cattedrale di Wittenberg.
Questi e altri accadimenti epocali produssero un’innovazione del gusto che ebbe in Italia il suo centro ispiratore. E nel suo L’architettura del Rinascimento italiano Peter Murray, studioso inglese di storia dell’arte, affronta uno degli aspetti più evidenti di questo processo di trasformazione del gusto e di affermazione di nuovi modelli estetici.
Paradossalmente a fondamento di un’estetica e anche di tecniche costruttive rivoluzionarie non stava il nuovo, ma l’antico, riscoperto e assunto a modello di riferimento. Molti elementi avevano concorso a questa rinascita del passato: le ricerche più recenti tendono a considerare di enorme importanza l’immigrazione forzata in Italia dei fuggiaschi da Costantinopoli, che giungevano portandosi al seguito testi e conoscenze direttamente collegate alla tradizione imperiale, rimasta ininterrotta in Oriente.
I nomi dei grandi architetti che interpretarono in modo splendido questo nuovo sentire sono celebri. Brunelleschi e Alberti, Bramante e Sangallo, fino a raggiungere lo splendore pieno con Michelangelo. I centri di questo movimento furono quelle che ancora sono le città d’arte dell’Italia centrale, Firenze e Roma soprattutto, ma presto anche Milano e tutto il Veneto, compresa Venezia, alla quale i legami culturali e commerciali con l’Oriente hanno dato un aspetto architettonico del tutto originale. In pochi decenni una nuova architettura basata sull’arco a tutto sesto, sulla cupola, sulla luminosità degli spazi sorgeva in Italia e da lì iniziava il suo percorso di affermazione in Europa. Da fatto estetico il Rinascimento divenne presto elemento simbolico di aspetti politici e spirituali dei contrasti volenti che attraversavano l’Europa, fino al grande sforzo di rifondazione del cattolicesimo operato in occasione del Concilio di Trento.
In quell’occasione una nuova spinta ideale e politica, portò ad un’esasperazione dei canoni classici che si tradusse in un loro ribaltamento. La purezza delle linee rinascimentali si nascose allora sotto le volute e le curve ornamentali del barocco, ma la direzione del movimento imitativo rimase invariata, architetti italiani continuavano ad essere chiamati in tutta Europa per realizzare le maggiori opere edili, si trattasse di fortificazioni, dette appunto «all’italiana», di chiese o di dimore principesche.

Perfino le cappelle ortodosse del Cremlino sono dovute all’ingegno italiano e portano qualche traccia delle modalità costruttive rinascimentali.

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