Il pasticciaccio del Fisco non finisce più. Tra una vendetta più o meno politica e una scelta più o meno scellerata, lItalia vive la sua straordinaria stagione del voyeurismo fiscale. Tutti a cercare il 730 del vicino, dellamico, del nemico, del collega, del parente. La privacy? Diciamolo, allinizio non ci pensava nessuno: troppo bello fare i conti in tasca agli altri. Poi dalle parti dellAuthority della Privacy qualcuno sè ricordato che mettere tutto nella piazza più grande del mondo era un po troppo: sè tentata una clamorosa marcia indietro. Era tardi. È tardi. Hanno chiuso le stalle quando i buoi erano scappati: i dati che circolano per il web ci resteranno praticamente per sempre. Sono pubblici, ma che prenderli da internet è illegale. Bisognerebbe recuperarli dai Comuni, mettendoci la faccia: chiedo di sapere il reddito di tizio, mostro un documento, mi identifico.
È una specie di reciprocità: se voglio sapere qualcosa di qualcuno, quantomeno devo dire chi sono. Giusto, sacrosanto, doveroso. Però il discorso non può valere per tutti. Non per i vip. È il criterio che ha sempre seguito il Giornale. Ora
lo dice anche il Garante: «Resta fermo il diritto-dovere dei mezzi
di informazione di rendere noti i dati delle posizioni
di persone che, per il ruolo svolto, sono o possono essere di sicuro interesse pubblico». Politici, intellettuali, guru, professionisti, manager, volti della televisione, sportivi, giornalisti.
e anche laltrettanto legittimo diritto di sapere quanto guadagnano i vip.
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