Cozzi risponde al gip ma c’è un altro giallo

Questa mattina Alessandro Cozzi torna davanti al magistrato, il gip Gaetano Brusa, per chiarire gli ultimi dettagli del delitto Vitiello. Ma intanto dal suo passato emerge un altro morto, un altro «formatore» professionale, sempre ammazzato a coltellate nel suo ufficio. Con il quale Cozzi, suo collaboratore, aveva avuto grossi contrasti.
Cozzi, 53 anni, di professione «formatore» nonché conduttore di «Diario di famiglia su Rai Tre, è da due giorni in carcere dopo aver confessato l’omicidio di Ettore Vitiello. Entrambi titolari di un’agenzia per la formazione e il lavoro, avevano organizzato corsi professionali per i quali avevano ricevuto 34mila dalla Regione. Soldi incassati da Cozzi che tardava a dividere con Vitiello. Quest’ultimo minaccia di denunciarlo, lui andò in ufficio per fare «4 chiacchiere» e lo uccise con una trentina di coltellate.
E sempre per fare «quattro chiacchiere» domenica 13 settembre 1998 verso le 17 andò anche a casa di Alfredo Capelletti, 49 anni, titolare della «Innova Skills» di via Malpighi 4, società di formazione e consulenza aziendale di cui Cozzi è collaboratore. «Mio padre uscì in jans e camicia, senza le chiavi dell’ufficio, tanto le aveva il consulente. Dopo un paio d’ore Cozzi ci chiamò per avvertirci che papà avrebbe tardo perché voleva tornare a piedi. Mamma fece notare che non poteva chiudere l’ufficio e allora lui venne a prendermi» ricorda la figlia Elisabetta, 34 anni. I due salirono, Cozzi chiamò forte «Capo, capo» e nel suo ufficio fecero la scoperta: l’uomo era alla sua scrivania, un coltello nella mano sinistra, una ferita mortale al petto. «Si ipotizzò il suicidio ma mio padre aveva il terrore del sangue non si sarebbe mai ucciso così, inoltre non ne aveva motivo, quel giorno poi era particolarmente sereno». Secondo il medico legale tuttavia si sarebbe colpito con la destra e avrebbe estratto poi il coltello con la sinistra. «Impossibile, mio padre era stato appena colpito da ischemia che aveva indebolito l’intero lato desto del corpo».
Cozzi dunque aveva modo di uccidere, ma il movente? «Si era impossessato di “know how” aziendale e mio padre l’aveva scoperto» prosegue Alessandro, 37 anni, figlio maggiore di Capellini. «La “Innova” faceva formazione e consulenza e Cozzi aveva preso alcuni manuali per organizzare corsi a nome dell’azienda, salvo farseli liquidare sui conti della “People improvement” società di cui era titolare con la moglie. Dall’ufficio di papà era poi sparito materiale riservato, miracolosamente poi ricomparso dopo una nostra denuncia».
La mobile indagò Cozzi, lo interrogò a lungo ma riuscì a trovare solo una leggera incongruenza nelle sue dichiarazioni: «Ho chiamato Alfredo in ufficio e ho lasciato un messaggio per avvertirlo che lo avrei cercato al cellulare». Falso: i tabulati rivelarono che aveva chiamato primo il mobile e poi fisso. E l’inchiesta venne archiviata.

Nel dicembre del 2000 la moglie Maria Pia, 60 anni, riuscì a far riaprire il caso, il gip Silvana Petromer chiese al pm nuove indagini che però non approdarono a nulla e dal 2001 non si parlò più dell’omicidio. Fino all’altro giorno, quando Cozzi viene arrestato e dal suo passato emerge questa ombra inquietante.

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