Gian Marco Chiocci
nostro inviato a Ferrara
Dalla bancarotta a una maxitruffa alla Totò e Peppino. L'ultima inchiesta sulla madre di tutte le coop rosse, per ovvie coincidenze elettorali, sarebbe dovuta rimanere riservata almeno fino all11 aprile. E invece a margine dellultima proroga di indagine della procura di Ferrara sul crac da un miliardo di euro della Coopcostruttori di Argenta (9mila risparmiatori già rovinati, debiti con le banche per 80 milioni di euro, indennizzi di appena 8mila euro a famiglia) emerge la storiella di un raggiro da svariate centinaia di milioni di euro denunciato dallAnas e dalle finanziarie che supportavano la Coop, è uscita fuori. Ed è da brivido.
Stando allipotesi daccusa la Coopcostruttori avrebbe falsificato gli stati davanzamento lavori, contraffatto fatture e corrispondenze private, truccato documenti per spillare contanti a credito alle finanziarie esibendo a garanzia presunti crediti oltre a lavori svolti, da svolgere o in corso, per conto di grossi enti pubblici appaltanti. A cominciare dallAnas. Peccato che come nel film Totò, Peppino e i fuorilegge non è stato difficile, per le finanziarie Cofiri, Ifis, Fineco factoring, e per lAnas, capire che le cose stavano in tuttaltro modo.
Ecco comè andata. Il 5 agosto del 2003 - si legge nella documentazione dellAnas consegnata alla magistratura - il postino consegna una lettera della Banca Cofiri alla direzione centrale dellAnas. Il testo riporta la richiesta dei crediti maturati dalla Coopcostruttori nei confronti dellente pubblico per «stati di avanzamento lavori eseguiti», e poi ceduti alla stessa banca. Prima di mettere mano al portafogli, ovviamente, lAnas fa i debiti riscontri ma non trovando traccia delle fatture è costretta a far scendere in campo lufficio legale. Si scopre così che la Coopcostruttori (quarta azienda edile nazionale) è aggiudicataria, per conto dellAnas, di numerosi lavori in diverse regioni ma il loro stato di avanzamento non è quello «dichiarato» nella corrispondenza con le finanziarie. Le continue sollecitazioni della Cofiri si scontravano con i libri contabili dellAnas, dai quali non emergevano particolari pendenze. La Cofiri ribatteva, insisteva, protestava e inviava per fax, il 9 luglio 2003, copie di fatture, cessioni di credito, ricevute del certificato di pagamento dei vari compartimenti in cui era aggiudicataria dei lavori. A sua volta lAnas rispondeva ancora picche. «Ci dispiace, ma tale documentazione - si legge in una nota del 15 luglio 2003 - non risulta contabilizzata». La Cofiri tornava alla carica dieci giorni dopo e ad una raccomandata con ricevuta di ritorno allegava ben 20 certificati di pagamento su fatture insolute che, stando alla carta intestata, erano stati emessi dai compartimenti Anas di Firenze, Cagliari, Cosenza, Venezia e LAquila. Lufficio legale controllava di nuovo e nuovamente accertava linsussistenza dellennesima richiesta. Decideva, così, di svolgere accertamenti interni chiedendo lumi ai Compartimenti interessati affinché confermassero o meno lautenticità dei carteggi. Il primo a dare risposte esaustive è stato il centro di Cagliari, a seguire Firenze, LAquila e tutti gli altri. «Sostanzialmente - osservava nero su bianco lufficio legale dellAnas - tutti i capi compartimento nelle loro risposte negavano di aver compilato i certificati di pagamento inviati in copia ed evidenziavano varie falsità e incongruenze nelle copie inviate». Molti fogli sarebbero stati privi della numerazione, altri del timbro a secco, altri ancora avrebbero subito sbianchettamenti e ritoccamenti, per non dire di ciò di cui avrebbero parlato sotto interrogatorio alcuni altissimi dirigenti dellAnas che non hanno riconosciuto le loro firme apposte in calce a determinati provvedimenti (vedi, fra i tanti, i carteggi sui lavori nella strada Ss 445 della Garfagnana).
Ma lufficio legale dellAnas andava oltre. E scriveva testuale al pubblico ministero. «Si precisa inoltre che né la banca (nel caso di specie la Cofiri) né limpresa (la Coop, ndr) dovrebbero essere in possesso della copia dei certificati di pagamento, trattandosi di atti interni allAnas». Il sospetto è che qualcuno, impiegato negli uffici romani di via Monzambano, abbia volutamente sottratto carta intestata, certificati di pagamento opportunamente fotocopiati e timbri non riproducibili per architettare la maxitruffa che - come detto - coinvolgerebbe i compartimenti Anas di tutta Italia. Un sospetto corroborato dalla circostanza che alcune delle fatture esibite per lincasso avrebbero portato come intestazione la vecchia dicitura Anas-Azienda di Stato quandinvece lAnas attuale è una Spa. Errori grossolani, certo. Ma riscontrabili solo dallAnas e non dalle finanziarie, impossibilitate a scoprire il presunto imbroglio organizzato da unazienda leader nelle costruzioni, e in quanto tale assolutamente insospettabile. Talmente al di sopra di ogni sospetto che ci si sarebbe sorpresi non poco a constatare la presenza, sulla memoria di un computer della coop di Argenta, di un documento dellAnas, in bianco, scannerizzato, pronto alluso.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.