cravatta

Miguel Sebastian, ministro dell’Industria del governo Zapatero, non sa più come abbassare le bollette elettriche. Gli spagnoli protestano per i prezzi troppo alti, l’estate torrida li fa soffrire come matti. Allora lui ha trovato la soluzione per risparmiare sull’aria condizionata: spogliarsi pubblicamente della cravatta.
L’altro giorno, alla riunione plenaria del Congresso a Madrid, Sebastian si è presentato a collo libero. Il presidente della Camera gli ha fatto gentilmente recapitare una cravatta, ma il ministro l’ha rispedita al mittente, con l’aggiunta di un termometro, per misurare la temperatura esageratamente bassa dell’aula. Poi il proclama: «Fino a ottobre non me la metto, tranne che davanti al re». I colleghi deputati non aspettavano altro.
I ministri zapateriani diventano seguaci dell’ex premier giapponese Koizumi, che tre anni fa lanciò le riunioni di governo in maniche di camicia, e scoprono che la cravatta scalda troppo e inutilmente: è lei l’accusata numero uno per il dispendio energetico. Ed è, soprattutto, un accessorio, non più un’appendice indispensabile dell’eleganza maschile. Se si può ripudiare in parlamento, è davvero finita un’epoca. Anche il deputato francese dei Verdi François de Rugy ha proposto una sospensione estiva dell’obbligo per gli onorevoli di indossare la cravatta, per ridurre le spese di climatizzazione di Palais Bourbon. Una soluzione «semplice e simbolica», un «esempio» per uffici pubblici, amministrazioni e aziende, secondo il parlamentare ecologista affascinato dal cool biz, affari al fresco, senza patimenti aggiuntivi.
La cravatta, forse, si può davvero abbandonare. Un guru dell’eleganza come Giorgio Armani gira da anni a collo nudo, Tony Blair è spesso senza e persino Alberto di Monaco, che è un principe, quando si tratta di sport sceglie un look informale. Quello alla Sergio Marchionne, il supermanager col maglione. I politici, però, sono un altro mondo, finora intoccato. Anche Koizumi, che per primo propose ai giapponesi il nuovo corso estivo, per le circostanze ufficiali non ha mai rinnegato il bon ton. Il principe Carlo non rinuncia mai alla cravatta, nemmeno per un tè delle cinque. E se alle ultime sfilate maschili gli stilisti l’hanno sostituita con sciarpine di seta o papillon, è anche vero che Andrea Casiraghi, figlio di Carolina di Monaco, è apparso su Vanity Fair in giacca e foulard al collo, che non è la cravatta ma, per un’icona dello stile casual, è già un cambiamento di spessore.

Per i 600 milioni di uomini che ogni mattina si impegnano in un nodo davanti allo specchio, il dilemma rimane. Ma chi la indossa ha deciso di passare per gentleman, quindi: non si lamenti del caldo. Soffra in silenzio, anzi, si convinca di non soffrire proprio. E non sudi.

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