La via per Craxi è lastricata di tanta ipocrisia

Caro Granzotto, sono un vecchio socialista senza partito ma non ideologicamente in disarmo al quale nulla è stato risparmiato, nemmeno quest’ultima porcheria ai danni di Bettino Craxi. Mi riferisco alla levata di scudi contro l’intenzione del sindaco di Milano Letizia Moratti di intitolare una via o un parco al nome di quello che fu un grande statista e protagonista della storia d’Italia, Bettino Craxi, appunto. I più accaniti nel negare quel tributo sono tutti, a cominciare da Antonio Di Pietro, dei nani a confronto di Craxi, dei nanerottoli, pulci che tossiscono. Spero che la Moratti non si faccia intimidire e non receda dai suoi propositi: se c’è da scendere in piazza, anche alla mia età sono pronto.
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Proprio così, caro Melis: quello che il popolo di lanciatori di monetine ci ha offerto, con questa storia della via intitolata a Bettino Craxi, è uno spettacolo disgustoso. Tutti quei sepolcri imbiancati, tutte quelle mezze calze che trovano «indecoroso e offensivo», per usare le parole di Francesco Saverio Borrelli, intitolare una via «a un personaggio che è morto da latitante». Indecorosi saranno loro, i manettari della prima e della seconda ora, sempre in fregole giustizialiste, sempre lì ad agitare lo scalpo di Bettino come i sanculotti agitarono, in cima alla picca, le pudende della du Barry. Peggio di loro sono quei fini moralisti, quei tartufi gran cesellatori di luoghi comuni politicamente corretti che dispensano chicche di saggezza dalle colonne dei quotidiani. Massimo Gramellini, per dirne uno, corsivista della Stampa di Torino. Facendo sfoggio del suo stucchevole conformismo «sinceramente democratico» riconosce che sì, Bettino Craxi fu un grande, ma morì in contumacia e dunque intitolargli una via vorrebbe dire negare alla magistratura che lo processò ogni legittimazione. Ma chi gliela vuole togliere, la legittimazione! Erano legittimatissimi anche i magistrati che presero così zelantemente in cura Enzo Tortora, se è per questo. Resta però il fatto che il loro zelo risultò mal riposto. Difendere, come fa la sabauda maestrina dalla penna rossa, l’onore della Magistratura è opera meritoria e pia. Ma, per dirla nella parlata dalla sua Torino, esageruma nen, non si esageri.
Bettino Craxi meriterebbe di dare il proprio nome non a una via, ma a un viale, a una piazza grande, non foss’altro che per le parole pronunciate in Parlamento il 29 aprile del 1993: «Ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare od illegale. I partiti (...) hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare o illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo, presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro». Nessuno si alzò. Nessuno ebbe il coraggio di farlo.

E sono quegli stessi vigliacconi che oggi, scampato grazie alle buone maniere di Antonio «Mercedes» Di Pietro ogni pericolo, si mettono addirittura in punta di piedi per latrare il loro «no» alla proposta del sindaco Moratti. E l’intendenza, i Gramellini, a seguire (dando fondo al loro querulo perbenismo proponendo, in alternativa a Craxi, di dedicare una via milanese «alla poetessa incensurata Alda Merini». Ma va là...).

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