Credito alle imprese sempre più caro

È quasi un punto di Pil il prezzo che le imprese italiane pagano per la crisi del credito: sale infatti a 13,8 miliardi l’anno - solo a dicembre 2008 la cifra era di 12,5 miliardi - l’onere finanziario per le aziende derivante dal mancato adeguamento dei tassi di mercato applicati dalle banche a quelli di riferimento Bce.
A lanciare l’allarme è Confartigianato, che mette a confronto i tassi bancari e quelli di riferimento a partire da luglio 2207, prima dell’inizio della crisi dei mutui subprime: allora il tasso fissato dalla Banca centrale europea era pari al 4% e quello sui prestiti alle imprese si attestava al 5,60 per cento.
«In piena crisi, a febbraio 2009, una decisa politica monetaria espansiva porta il tasso di riferimento Bce al 2% - prosegue lo studio dell’associazione guidata da Giorgio Guerrini -. Ma i tassi sui prestiti alle imprese applicati dalle banche non si allineano al ribasso, mantenendosi al 4,83%. Praticamente, ad una riduzione del 2,25% dei tassi Bce corrisponde una diminuzione dello 0,77% dei tassi pagati dalle imprese alle banche. Risultato: il mancato adeguamento dei tassi di mercato a quelli di riferimento Bce costa alle imprese 13.837 milioni di euro l’anno in termini di maggiori oneri finanziari». Il che si traduce in una media di 2.267 euro per ciascuna impresa, che sale a 2.997 per le aziende del Nord Est e a 3.289 per quelle del Nord Ovest.
Una sperequazione, sostiene l’organizzazione, rispetto agli altri Paesi europei, dove i tassi sui prestiti alle imprese sono inferiori: il gap è di 70 punti base rispetto alla Spagna, di 82 rispetto alla Germania e addirittura di 134 punti base rispetto alla Francia. Confartigianato ha anche analizzato l’impatto della crisi del credito sulle imprese italiane a livello territoriale: in quattro regioni il maggior costo totale supera il miliardo. Si tratta della Lombardia con 4,064 miliardi, del Lazio (1,597 miliardi), dell'Emilia Romagna (1,515 miliardi) e del Veneto con 1,491 miliardi. Nel Sud, però, la minore domanda di credito è associata a un maggior livello dei tassi di interesse pagati dalle imprese: a settembre 2009 il divario era pari a 54 punti base.
A peggiorare la situazione, mentre i tassi di interesse nominali non hanno tenuto conto del calo dei tassi della Bce, i listini prezzi delle imprese mostrano un significativo ribasso: a inizio anno in tre settori su 13 del comparto manifatturiero i prezzi alla produzione sono cresciuti meno dell'inflazione e otto settori presentano addirittura segnali deflazionistici, con prezzi più bassi rispetto all'anno precedente. Oltre all’aumento del costo del denaro, sono peggiorate le condizioni di accesso al credito, afferma ancora Confartigianato.
A febbraio 2009 è salita al 40,2% la quota di imprese manifatturiere che registrano maggiori difficoltà nell’ottenere finanziamenti, più accentuate per esportatori e produttori di beni intermedi. E otto imprese su cento negli ultimi mesi non hanno ottenuto il finanziamento richiesto. Rimane inoltre costante, pari all’1,4%, la quota di imprese che rifiutano le nuove condizioni dei prestiti, maggiormente onerose.


Infine, Confartigianato fa rilevare che, oltre al mancato aggancio del ribasso dei tassi Bce, gli interessi pagati dalle imprese non hanno assecondato nemmeno il raffreddamento del mercato interbancario: tra ottobre 2008 e febbraio 2009 il divario (spread) tra i tassi sui prestiti pagati dalle imprese e l'Euribor a tre mesi (il tasso di riferimento dei prestiti sul mercato interbancario) è più che raddoppiato, passando da 1,33 punti a 2,89 punti.

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