Roma

Cremonini torna sulla luna (con Bob Dylan e Chopin)

Il «Secondo tour sulla luna» atterra a Ostia Antica. Stasera il Teatro Romano ospita Cesare Cremonini, sulla scia del successo de «Il primo bacio sulla luna», suo album più recente. Un disco trainato dai singoli «Dicono di me» e «Le sei e ventisei», che segna un’ulteriore maturazione artistica del cantautore bolognese, ormai lontano dai clamorosi successi targati Lùnapop. I dieci anni da «50 Special» li ha festeggiati regalando ai fan «Piazza Santo Stefano», un brano in download gratuito che è stato scaricato da 11 mila persone: un nuovo ritratto, più intimo, della sua città natale. E Cremonini dipinge il concerto come «molto fisico, ricco e completo, adatto ad arene molto grandi».
Tra le sue fonti di ispirazione cita spesso Bob Dylan. Cosa ha scoperto, scoprendolo?
«Mi ha spinto a mettere la parola al centro dell’attenzione. La fine dei Lùnapop per me ha significato crescere molto in fretta, come persona e come autore. Dylan è il faro che mi ha indicato la strada ma non meno importante è stato Gaber, nonostante l’evidente diversità epidermica tra i due. Uso la lingua per comunicare a una generazione. Tutto ciò che si può fare di originale, si può fare con il linguaggio».
La sua passione musicale più nota risponde al nome di Freddie Mercury. Le grandi aperture melodiche e le atmosfere ariose dei suoi brani dimostrano che i Queen sono ancora nel suo DNA.
«Prima ancora dei Queen è stata importante la mia formazione classica, in particolare Beethoven e Chopin. Mercury mi ha fatto capire come portare in ambito pop quelle atmosfere. Amo attraversare tutti i generi. Il grande successo dei Lùnapop mi ha lasciato in eredità una grande fortuna, quella di poter fare ciò che mi pare. Questo è un momento d’oro, ma dopo lo scioglimento del gruppo ero un po’ demodé. Quando ho comunicato che avrei fatto un tour con l’orchestra, nel 2005, mi hanno riso in faccia. Ora lo fanno tutti. E in fondo anche regalare musica su internet è una grande libertà».
D’altronde in un momento così difficile per la discografia, la soluzione è cercare nuove strade. Tanti giovani talenti scelgono di autoprodursi e di suonare molto dal vivo.
«Dal vuoto emerge sempre lo spazio per creare qualcosa di nuovo, di interessante. Io stesso devo dimostrare ancora tantissimo. Mi viene in mente John Lennon, che dopo il periodo d’oro con i Beatles si è permesso il lusso di scegliere una sua via artistica, senza compromessi, scrivendo canzoni che hanno sfondato il muro del tempo».
Il singolo più recente, «Il pagliaccio», l’ha scritto nel periodo Lùnapop. «Piazza Santo Stefano» e il libro «Le ali sotto ai piedi» celebrano quella fase della sua vita. Come ha ammesso lei stesso, è evidente che stia chiudendo un ciclo. Cosa succederà adesso?
«Ancora non lo so. Ho sempre guardato al futuro e all’obiettivo di scrivere canzoni. In pratica ho messo tutta la mia vita in musica. Per andare avanti ho bisogno di appoggiarmi a qualcosa di solido e il disco è la base per guardare al futuro. A questo punto della mia carriera posso dire di aver fatto le elementari, le medie e le superiori.

Ora posso cominciare a fare sul serio».

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