Cresce il malessere fra i finiani: "Basta valletti" E La Russa: "Per loro niente incarichi nel Pdl"

Le colombe del Fli soffrono a prendere ordini dagli ex gregari anti Cav. E provano a ricucire lo strappo: "Ora Fini parli". Ma dopo lo scandalo della casa l'ex leader di An è sparito: ieri doveva parlare di etica a San Gimignano, poi ha rinunciato. La Russa: "Niente incarichi nel Pdl per i finiani"

Cresce il malessere fra i finiani: "Basta valletti" 
E La Russa: "Per loro niente incarichi nel Pdl"

Roma - Ma Fini? Latita. Il generale Gianfranco preferisce immergersi nelle acque di Ansedonia, forse per non aprire bocca sull’imbarazzante vicenda monegasca, e così la battaglia la combattono i suoi. Peccato che le prime linee, avvezze alle sparate nonostante le vacanze, non sempre ricevano il plauso dell’intera truppa. Non è un mistero, infatti, che l’esercito dei Futuristi sia tutt’altro che una falange macedone e così molti finiani soft si sentono un pochino orfani del proprio capo. Tutti più o meno in attesa di un cenno, una guida, una rotta per non aver la grana di dire se si è d’accordo o meno con le graffiate quotidiani degli ultras Bocchino-Briguglio-Granata. I moderati, quelli che hanno seguito Fini più per un debito di riconoscenza personale che per convinzione; quelli che l’hanno appoggiato a patto che non si tradiscano gli elettori che li hanno spediti in Parlamento; quelli che sono confluiti nel gruppo autonomo ma che se sentono parlare di un nuovo partito gli viene l’orticaria, aspettano. Aspettano che adesso a parlare, di politica, sia il capo in persona e non i suoi nuovi colonnelli, capaci e abili ma anche scaltri e ambiziosi. Ogni riferimento ai Bocchino e ai Briguglio non è casuale. Però dovranno attendere ancora un po’ i finiani soft, disorientati dal «che sarà di noi». Prima si mormorava di una grossa sorpresa a Mirabello, in occasione della prima festa finiana, e tutti a tremare «Oddio si fonda un nuovo partito... O forse arriva Montezemolo... Oddio il terzo polo...»; poi, per fortuna, la frenata di Bocchino in persona: «Non è in programma l’annuncio di nessun partito, settembre sarà un mese delicato ed è bene che non ci siano scatti e strappi da parte di nessuno». Meno male va. Per oggi. Perché domani è un altro giorno e non è detto che ci si debba arrabattare con l’ennesima provocazione di un Granata o di un Filippo Rossi. Ma quando, invece di scendere a vedere i fondali, scende in campo il presidente della Camera? Tardi. Tra una settimana. Il 4 settembre, infatti, Fini riunirà i suoi deputati e senatori nella sede di FareFuturo, in via del Seminario a Roma. Un vertice-anticamera prima dell’uscita ufficiale il giorno successivo, a Mirabello, per il discorso conclusivo della kermesse tricolore. Nell’attesa, nervi saldi e una sola parola d’ordine: parli Fini e soltanto Fini.
Giuseppe Consolo, per esempio, a questo punto spera che Gianfranco e Silvio si trovino da soli e ricomincino a parlare di politica: «Soli però. Mica hanno bisogno di valletti da portarsi appresso. Loro due sono dei fuoriclasse e devono mettere a tacere i cosiddetti «mettimale», presenti nei rispettivi campi». Mica facile, però, quando la rottura tra i due sembra anche sul piano personale. «Sì ma due cose. Primo: i due non devono per forza essere amici per la pelle. Secondo: in politica mai dire mai». Fare la pace più che Farefuturo: «Non ho mai apprezzato le uscite incendiarie e preferisco le dichiarazioni di Moffa e Menia ad altre venate di antiberlusconismo. Mi ha sempre dato fastidio l’anti, io non sono anti-niente. Certo che anche voi del Giornale... Il massacro mediatico non va bene. Non mi piace quando Repubblica spenna il premier perché va una festa a Casoria e non mi piace l’attacco sul piano personale del presidente della Camera». Una vera colomba. «Colomba che diventa falco quando sente parlare di nuove maggioranze con Udc e pezzi di Pd».
E pure Gianfranco Paglia, ex parà, medaglia d’oro al valor militare, che la guerra l’ha fatta per davvero, sogna la pace: «Credo che in molti debbano mettere da parte le ambizioni personali e lavorare per l’unica cosa che conta: il programma elettorale per quale tutti siamo stati eletti». Getta acqua sul fuoco sulle recenti dichiarazioni incendiarie: «Magari s’è ecceduto ma è anche normale che quando il tuo comandante sia sotto il fuoco nemico si cerchi di difenderlo».

Anche Catia Polidori non ne può più dei troppi interpreti del finismo: «Adesso basta con i portavoce e i portaparola. Io mi sento rappresentata solo e soltanto da Fini. È il momento però che Berlusconi e Gianfranco si parlino e, ne sono certa, troveranno la quadra».

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