Cresce la ricerca: 230 i progetti di nuovi farmaci in fase di sviluppo

Cresce l’indotto farmaceutico italiano. Un insieme di imprese, che sta a monte della filiera del farmaco e che produce semilavorati, macchinari, componenti e servizi industriali per le aziende farmaceutiche. Vitale più che mai e fotografato nelle sue dinamiche dal Terzo Rapporto dell’Osservatorio Pharmintech 2009. Oggi è un segmento produttivo che conta circa 61mila occupati, 10 miliardi di fatturato, 3,4 miliardi di valore aggiunto e 700 milioni di investimenti. Numeri straordinari che, uniti a quelli del farmaceutico vero e proprio, portano l’intero comparto italiano a 128mila occupati, ad una produzione di oltre 32 miliardi e ad un valore aggiunto di 10 miliardi, distribuito sul territorio nazionale. Incoraggiano i dati emersi dal Rapporto Pharmintech: nel secondo semestre del 2009, rispetto alla prima metà dell’anno, il fatturato dell’indotto è in aumento per il 26 per cento del campione esaminato, è invariato per il 41 per cento ed è in calo per il 33 per cento. L’export è cresciuto invece per il 26 per cento delle imprese, si è confermato stabile per il 40 per cento e è diminuito per il 34 per cento. In merito all’occupazione, quest’ultima ha tenuto per il 67 per cento ed è aumentata fino al 16 per cento. E all’interno del comparto i risultati migliori spettano ai servizi, mentre le tecnologie hanno più sofferto della crisi economica.
Secondo Sergio Dompé, presidente Farmindustria e presidente Pharmintech (la fiera internazionale del farmaceutico da poco conclusa a Bologna) i dati dell’Osservatorio «fotografano un contesto che cresce, innova e occupa risorse altamente qualificate. Dimostrando che senza un’industria farmaceutica che esporta il 54 per cento della produzione, ha 230 progetti di nuovi farmaci in sviluppo e investe nel Paese 2,3 miliardi all’anno, difficilmente ci sarebbe un indotto così dinamico. E viceversa». Un patrimonio industriale quello delle imprese del farmaco e del Pharmintech «che ha saputo reagire alla crisi grazie anche alla rete vitale di sinergie, in qualche caso storiche, attivate sul nostro territorio», aggiunge il presidente. «Emergono però segnali di preoccupazione. L’industria farmaceutica rischia di perdere competitività con conseguenze potenzialmente negative per l’intero network.

È necessario quindi avviare politiche adeguate per sostenere un settore che nel suo complesso può essere tra le leve strategiche per la ripresa dell’economia italiana e che merita di essere meglio conosciuto, valutato e valorizzato».

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