Crialese va a Cannes Sorrentino a Venezia Virzì finisce a Roma

Anche Moretti sulla Croisette, ma il film più atteso è «The golden door» del regista di «Respiro»

Michele Anselmi

da Roma

Tutti in fila, è tempo di festival. Tra dodici giorni, il 20 aprile, il direttore Thierry Frémaux presenterà il menù di Cannes (17-28 maggio), e intanto si moltiplicano le voci. Il cinema italiano è - sembra - in ripresa, la quota di mercato è passata al 35.5 per cento, gli autori che contano si prenotano, nella speranza di essere presi in gara. Nessuno conferma, per non urtare la suscettibilità delle commissioni. Ma, con buona approssimazione, la squadra italiana sulla Croisette sarà così ripartita: Il caimano di Nanni Moretti e The golden door di Emanuele Crialese in concorso, Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio in «Un certain regard», Anche libero va bene di (e con) Kim Rossi Stuart nella «Quinzaine». Della partita doveva far parte anche L'amico di famiglia, attesa opus n. 3 di Paolo Sorrentino, ma Fandango e Medusa, che producono, hanno già deciso di rinviarne l'uscita a fine settembre, in modo da posizionarsi utilmente per la Mostra di Venezia. Si sa, il festival di Cannes funziona, sul piano promozionale, se il film approda subito in sala, altrimenti il vantaggio svanisce, e mesi dopo bisogna ricominciare tutto da capo.
D'altro canto, Sorrentino al Lido (30 agosto-9 settembre) sarebbe la ciliegina sulla torta. La stella che non c'è di Gianni Amelio, con Sergio Castellitto, ormai è dato per certo, quanto a I cento chiodi di Ermanno Olmi, starring Raz Degan, potrebbe chiudere il cerchio anche sul piano generazionale. Anche se nel frattempo potrebbero profilarsi outsider scattanti come il Roberto Andò di Viaggio segreto, liberamente tratto da La ricostruzione di Josephine Hart, e la Francesca Comencini di A casa nostra, fosca storia milanese di sesso e corruzione.
Poi c'è la veltroniana Festa internazionale del cinema (13-21 ottobre), forte di un budget - 9 milioni e passa di euro - che Venezia se lo sogna. Meno impegnativo sul fronte della competizione ma redditizio sul quello mediatico, il festival diretto da Giorgio Gosetti sta corteggiando produttori, attori e registi, così da sfoderare una nutrita pattuglia di anteprime, non solo italiane. I titoli papabili? Be', N-Napoleone di Paolo Virzì, sull'Imperatore in esilio all'Elba, con la fastosa coppia Daniel Auteuil e Monica Bellucci, sempre che la Francia non si faccia sotto nei prossimi giorni (al regista livornese non dispiacerebbe misurarsi con Cannes, dopo le glorie veneziane); Lezioni di volo di Francesca Archibugi, commedia al curry tra Roma e l'India; la commedia tutta al femminile La cena per farli conoscere di Pupi Avati; fors'anche La sconosciuta di Giuseppe Tornatore, thriller del Nord Est avvolto da un mistero molto morettiano, benché il cineasta siciliano poco ami affidare i suoi film all'agone festivaliero.
Certo è che, come ogni anno di questi tempi, il cinema italiano è in fibrillazione. Da Parigi, per ora, nessuna notizia, ma si sa che Frémaux tiene alla sorpresa, ben conoscendo l'italica inclinazione a non tapparsi la bocca. Però il compromesso raggiunto salverebbe capre e cavoli, allentando le tensioni tra Italia e Francia, riconsegnando al nostro cinema un posto di rilievo nel panorama festivaliero. Del resto, Moretti è fuori discussione da mesi: per il tema e per l'uomo. Un noto regista italiano, di cui non faremo il nome, scherzandoci sopra commenta: «Nanni ci sarebbe andato anche da solo, senza il film. Tanto lui non si discute». Quanto a The golden door, che segna il ritorno dell'enfant prodige Crialese, tenuto a battesimo proprio dai francesi con Respiro, da più parti si loda la forza espressiva e la qualità produttiva di questa coproduzione italo-francese da 10 milioni di euro. Un film in costume, ambientato ai primi del Novecento, che racconta la storia di una famiglia siciliana, i Mancuso, dalla sassosa terra natia all'approdo a Ellis Island, in America, dopo l'interminabile traversata per nave. Cast misto, con Charlotte Gainsbourg nei panni di Lucy, la ragazza anglosassone, indipendente e fiera, che il capofamiglia vedovo alla fine chiederà in sposa. «Il mio non è un film sull'emigrazione, è sulla volontà di cambiare la propria vita, abbandonare qualcosa che si conosce per l'ignoto. Un grande atto di coraggio, un salto nel buio, l'emigrazione è solo il contesto», ha spiegato Crialese a la Repubblica. Aggiungendo: «Ho fatto un film visionariamente politico, non polemico. Amo l'America, devo ad essa il mio essere regista». Inutile chiedere conferme a Giampaolo Letta (Medusa) e Giancarlo Leone (Raicinema).

Entrambi, quasi all'unisono, dicono: «Non abbiamo riscontri diretti, né positivi, né negativi. Aspettiamo e vedremo». Ma almeno su Cannes, Leone si sbilancia: «Se i rumours venissero confermati, saremmo felici». Ti credo, tre dei quattro titoli previsti sono targati Raicinema.

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