Criscito sogna un tiro «mancino» stile Cabrini & Grosso

Un mese fa il primo taglio doloroso: Fabio Grosso, quattro anni fa l’ultimo rigorista di Berlino e l’eroe di Dortmund nella semifinale con la Germania. Si apriva così la caccia a un nuovo terzino sinistro, complicata dai guai fisici di Chiellini, prima scelta di Lippi in quel ruolo.
Poi le prime amichevoli, la bocciatura del giovane Bonucci centrale al fianco di capitan Cannavaro, le risposte positive di Criscito. E alla fine la maglia è finita sulle spalle del difensore del Genoa di scuola Juventus. Mimmo, il più giovane dei titolari azzurri (23 anni), è stato promosso al debutto e la speranza è che possa allungare la tradizione dei mancini a sorpresa, dal Cabrini del ’78 in Argentina - poi campione in Spagna nell’82 - al già citato Grosso del 2006. «Fabio è stato sempre il mio riferimento, dentro e fuori dal campo, magari potessi ripetere le sue imprese», ha confessato Criscito, seguito al Mondiale da papà Alfredo e zio Ciro. Nella sua Cercola, paesino alle porte di Napoli, hanno messo i manifesti per strada in suo onore, ma lui pensa solo alla Nuova Zelanda: «Bisogna batterla, ma dobbiamo stare attenti alle palle inattive». Una di queste è stata già fatale con il Paraguay e Lippi sta lavorando su questo.
Un mese fa, nella costruzione della difesa (da sempre punto di forza delle nostre nazionali), c’era il punto fermo di Gigi Buffon. Il cui mondiale è però durato 45 minuti e non si sa ancora se potrà continuare, intanto ha iniziato la cura di antidolorifici con il placet della Fifa. Così siamo aggrappati ai guanti a Federico Marchetti. Persona molto posata e tranquilla che ieri ha ricordato la sua lunga gavetta per arrivare a questo punto. Gli errori dei portieri continuano, lo Jabulani è sempre nei suoi pensieri. «Gigi e Morgan (De Sanctis, ndr) mi hanno detto che è il peggior pallone degli ultimi grandi tornei internazionali, i giocatori si lamentano come i portieri per le traiettorie che cambiano all’improvviso...». Ma lui che è arrivato a questo punto tra tante vicissitudini - dal fallimento del Torino alla scommessa con l’Albinoleffe fino al debutto di fuoco con la serie A a Cagliari - vive il momento d’oro con fiducia. «Se faccio parte del gruppo è per le mie qualità. Certo, il palcoscenico è cambiato, ma sento la fiducia dei compagni». E sul tifo contro di Radio Padania ha sottolineato: «Ho lasciato il Veneto a 14 anni (è di Bassano del Grappa, ndr) per inseguire un sogno, ma dalle mie parti noi ragazzini non vedevamo l’ora di tifare per gli azzurri nei grandi eventi. Saranno stati altri tempi, ma non credo...».
Dopo il recupero di Pirlo (ieri nuova corsa sul campo insieme al preparatore Bertelli, il suo rientro per la Slovacchia il 24 sembra certo) e i guai di Buffon, il gruppo azzurro spera che non ci siano altri contrattempi.

Ma se dovesse infortunarsi o essere squalificato un altro portiere, non potendo richiedere un sostituto, Angelo Palombo è pronto a sacrificarsi. Lo ha detto ieri, tra il serio e il faceto, al resto del gruppo. «Ho le caratteristiche per stare in porta, d’altronde mi è già toccato una volta per un calcio di rigore...», ha ricordato ai compagni di squadra.

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