Le crisi si susseguono. Prima quella finanziaria, scoppiata con la bolla immobiliare, che poi ha investito l'economia reale. Sembrava profilarsi una ripresa, ed è arrivata la crisi degli Stati. Come se ne esce? Lo abbiamo chiesto a Giampiero Cantoni, ex banchiere e senatore del Popolo delle libertà.
«La recente crisi valutaria ha una forte matrice europea, non solo per il timore di insolvenza della Grecia, ma anche per la bassa crescita dellUnione, i disavanzi con lestero e la cattiva gestione dei conti pubblici del Sud Europa. A ciò si aggiunga qualche preoccupazione sul sistema bancario e la sua fragilità in alcuni Paesi (non in Italia). È fondamentale il rafforzamento di quella parte del sistema bancario europeo sottocapitalizzato, o attraverso il mercato, con capitali aggiuntivi, o attraverso i governi, con processi di ristrutturazione. Poi, è necessaria una convergenza delle politiche di bilancio affinché lUnione valutaria possa funzionare. Poi sono necessarie riforme strutturali come la liberalizzazione del mercato del lavoro e la rottura della corporazione nel settore dei servizi».
La manovra governativa, che ha sollevato linsurrezione di tutte le caste colpite da tagli, ha fallito su un obiettivo preciso, promesso e ripromesso da tutti i candidati in campagna elettorale: l'abolizione delle Province, che date le competenze ridotte sono autentici enti inutili. È il segno che l'interesse egemonizzante della politica prevale sulle esigenze di tagli e di efficienza?
«La questione va inquadrata nellambito del federalismo, ossia della riorganizzazione dei rapporti tra centro e periferia. A priori il federalismo fiscale abbasserà il livello complessivo della finanza locale. Nella riorganizzazione dei rapporti tra centro e periferia, il Codice delle Autonomie promette riforme incisive che portano a un miglioramento dell'apparato pubblico. Compiti meglio definiti, enti intermedi eliminati, strutture residue alleggerite, procedure semplificate, norme nuove sui dirigenti e sui controlli, patto di stabilità ridefinito, struttura degli uffici periferici dello Stato ridisegnata: questo il valore aggiunto del Codice delle Autonomie. In quest'ambito, la decisione del mantenimento delle province è correlata all'indirizzo della dimensione adeguata, in aggiunta al passaggio alla città metropolitana».
Crede, come molti economisti, che sul nostro futuro gravi il rischio di una fortissima inflazione?
«Non c'è a mio avviso un problema inflazione nell'Eurozona per i prossimi due-tre anni. Il rischio è quello della deflazione, che se da un lato aiuta i Paesi più investiti dalla crisi a recuperare competitività, dall'altro può aggravare la situazione dei debitori. Questo per la Bce vuol dire nessun rialzo dei tassi probabilmente fino alla fine del 2011. Nel gruppo di Paesi colpito maggiormente dalla crisi l'economia è in recessione e quindi i prezzi subiranno pressioni al ribasso. Dovendo recuperare competitività in un'unione monetaria dove non è possibile utilizzare la leva della svalutazione, questa è possibile solo con un calo dei prezzi. Vi sono comunque rischi anche nella deflazione: le aspettative di discesa dei prezzi possono frenare la ripresa perché si rinviano le decisioni di spesa; riduce il gettito fiscale e complica l'aggiustamento della spesa pubblica».
Le regole della finanza internazionale non hanno subito ancora modifiche. Che cosa nasconde questo ritardo? Come possono resistere gli Stati e l'Unione europea, che hanno munizioni definite, all'attacco di banche che, grazie alle «leve», hanno munizioni che appaiono infinite?
«La riforma finanziaria americana sembrerebbe cosa fatta e le nuove regole cambieranno il volto del settore bancario americano e forse mondiale. Essa ridisegnerà il modello competitivo del settore, che comprende le banche commerciali, quelle d'affari o d'investimento, gli hedge funds e i fondi comuni.
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