Crisi e ripresa, la Fed studia aiuti per i mutui

La ripresa degli Usa rischia un colpo di freno, ma la Federal Reserve potrebbe avere un asso nella manica per ingrossare il portafogli dei consumatori americani: una nuova manovra tesa ad alleggerire i mutui. Con 10mila miliardi di dollari di mutui ipotecari abbassare anche di poco le rate pagate dalle famiglie può essere uno stimolo eccezionale per i consumi

Crisi e ripresa, la Fed studia aiuti per i mutui

Roma - La ripresa degli Usa rischia un colpo di freno, ma la Federal Reserve potrebbe avere un asso nella manica per ingrossare il portafogli dei consumatori americani: una nuova manovra tesa ad alleggerire i mutui. I banchieri guidati da Ben Bernanke tornano a riunirsi a Washington martedì e mercoledì, quando il Federal Open Market Committee, l'organismo incaricato della politica monetaria negli Usa, deciderà sui tassi d'interesse. La previsione unanime degli economisti è che il costo del denaro resterà inchiodato ancora a lungo allo 0%: non avrebbe senso alzarlo ora che la ripresa rallenta, e abbassarlo oltre non si può. Per questo fra i banchieri si sta facendo strada l'idea di intraprendere nuovamente una misura straordinaria: un nuovo programma di 'quantitative easing', di allentamento quantitativo che pomperebbe moneta fresca nell'economia attraverso l'acquisto di titoli.

Da giorni circolano le indiscrezioni di quello che potrebbe andare sotto il nome di 'QE2', seconda tranche del precedente programma con cui la Fed comprò oltre 1.000 miliardi di dollari di obbligazioni garantite da mutui. Il dilemma di Beranke sembra essere se la Fed deve comprare titoli di sotto, oppure ripetere gli acquisti dei 'mortgage bond', alleggerendo le banche magari in cambio di una politica meno rigida nei confronti di chi chiede un mutuo.

Con 10.000 miliardi di dollari di mutui ipotecari in essere negli Usa, è chiaro che abbassare anche di poco le rate pagate dalle famiglie può essere uno stimolo eccezionale per i consumi degli americani. E proprio sul rilancio dei consumi deve puntare il presidente Obama: il mercato dell'occupazione procede a rilento (a luglio le aziende hanno assunto 71.000 persone, meno delle 90.000 previste), e meno occupati significano meno domanda aggregata e quindi minor crescita economica (tre quarti del Pil Usa è dato dai consumi).

Allo stesso tempo un aiuto al settore immobiliare, che continua ad avere un andamento altalenante, potrebbe essere salvifico: come non manca di ricordare ogni volta che può l'ex governatore della Fed Alan Greenspan, il nocciolo della crisi Usa è tutto nei prezzi delle case: finché non torneranno ad apprezzarsi saranno in negativo i titoli finanziari che vi sono agganciati. E saranno in rosso anche gli americani, molti dei quali sono tutt'ora intrappolati nel paradosso del 'negative equity': il valore del mutuo residuo da pagare è superiore al prezzo attuale dell'abitazione.

Il problema, per Bernanke come per Obama, è che abbassare le rate del mutuo non equivale automaticamente a rilanciare i consumi. Spesso e volentieri le banche non vogliono rifinanziare un mutuo esistente con uno meno costoso, perché alle prese con vincoli stringenti sulla concessione dei finanziamenti.

Si può allentarli, ed è una delle ipotesi allo studio: Morgan Stanley ipotizza un beneficio di 46 miliardi, pari a 2.500 dollari l'anno per famiglia. Ma sono evidenti i rischi per gli investitori o per chi, come le agenzie Fannie Mae e Fredie Mac, quei mutui devono garantirli.

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