La contagiosa crisi finanziaria partita dagli Stati Uniti e approdata in un soffio sulle nostre sponde, ha tirato nuovamente fuori dal vocabolario due termini - «spavento» e «paura» - che erano divenuti il sentire comune in tutto il mondo dopo l'attentato alle Torri Gemelle di New York dell'11 settembre 2001. E poi quasi dimenticati. Ma ora, con le Borse che crollano, le banche che scricchiolano e la fiducia che viene meno perfino nei confronti del prodotto più elementare e sicuro, il conto corrente, le parole «spavento» e «paura» tornano d'attualità.
Lo dicono i risultati delle interviste effettuate dalla società di ricerche di mercato e sondaggi di opinione Demoskopea, alla quale il Giornale ha chiesto di tastare il polso della pubblica opinione in questi giorni di turbolenza. Gli italiani, senza dubbio spaventati dalla crisi, rivelano tuttavia di avere ancora paura di bombe e attentati. Infatti, alla domanda «Che cosa la spaventa di più: la crisi economica o il terrorismo?», il 61% del panel di 800 persone, rappresentativo dell'intera popolazione nazionale, ha sì puntato il dito sulla crisi in atto (e la percentuale sale al 70% nella fascia tra 18 e 34 anni). Ma il restante e considerevole 39% ha detto appunto di nutrire ancora paura per il terrorismo.
Premesso questo, va sottolineato come l'inquietudine per quanto sta succedendo con evidente clamore nelle Borse di tutto il mondo (e più sommessamente, ma dolorosamente, nelle nostre tasche) è percepita dall'opinione pubblica in maniera netta. Quasi plebiscitaria. Il campione di intervistati ha risposto infatti al 91% «Sì» alla domanda «Secondo lei, in Italia stiamo vivendo effettivamente un periodo di crisi?». E non si tratta solo di una consapevolezza collettiva. Ma di un chiaro segnale di pessimismo. Sgradevole sensazione percepita infatti da un italiano su due, con la categoria dei cosiddetti «giovani adulti» (uomini e donne compresi tra 25 e 34 anni) che si dichiara come la più sfiduciata. Nel dettaglio, il 53% degli italiani prevede poi che questa situazione di crisi non sia passeggera, bensì destinata a protrarsi negli anni a venire (i giovani adulti lo pensano al 66%). Il 28% dice invece che le conseguenze si sentiranno, anche se limitate all'anno che verrà; mentre gli inguaribili ottimisti che la definiscono «una cosa passeggera» sono a quota 19%.
Quanto alla certezza (o alla percezione) di essere già stati o meno personalmente colpiti da questo tsunami azionario e bancario, il panel interpellato da Demoskopea ha decretato che il 57% della popolazione italiana dice di aver già avvertito i morsi di questa congiuntura negativa (i «Sì» sono infatti il 57%), che il 20% risponde «Non ancora» e che infine la fascia più fortunata, quella che può rispondere con un netto «No» è comunque del 23%. Buon per loro.
Diversi i rimedi individuati. Le risposte alla domanda «Se lei avesse dei risparmi che cosa ne farebbe?», fanno emergere vittorioso il partito del mattone, con un 45% pronto a trasferire i propri soldi negli immobili. Ma che la paura sia irrazionale e faccia 90 lo conferma il rilevante 35% che tornerebbe a mettere i soldi nel materasso. A depositarli in banca si dice invece disponibile uno scarso 20%. E forse un motivo ci sarà.
Quando infine si tratta di individuare uno o più colpevoli della situazione, gli italiani manifestano una volta di più il loro scarso amore per la classe politica.
Che viene additata come responsabile della crisi dal 59%, percentuale che schizza al 77% nella fascia più giovane, quella tra i 18 e i 24 anni. Seguono le banche con il 23%; l'America al 16%; l’industria al 7%, mentre l'abbinata euro globalizzazione chiude con il 5%.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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