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La crisi della quarta settimana? Non c’è

La crisi della quarta settimana? Non c’è

Gian Battista Bozzo

L’hanno chiamata «sindrome della quarta settimana». Un nome clinico che colpisce l’immaginazione. Significa, in breve, che l’ultima settimana del mese i consumi, anche quelli alimentari, calano perché alla famiglia media lo stipendio non basta più. Alla quarta settimana, insomma, si stringe la cinghia. La sinistra e i sindacati ne hanno fatto un cavallo di battaglia, per dimostrare l’impoverimento degli italiani negli ultimi quattro anni. Ma, come accade spesso di questi tempi, il cavallo di battaglia si dimostra in realtà solo un ronzino. Perché, a quanto pare, la «sindrome della quarta settimana» è tutt’altro che una malattia endemica: anzi, in termini di media nazionale, praticamente non esiste.
Lo dimostra una ricerca sul comportamento dei consumatori che la Nielsen Italia ha reso nota ieri al Meeting riminese di Cl. Nel 2005, fatto 100 l’indice di spesa media settimanale, nella settimana di stipendio si spende 97, nella seconda settimana 101, nella terza settimana ancora 101, nella quarta settimana si arriva a 99. La sindrome davvero non si vede. Ma c’è di più: nulla è mutato rispetto al 2001, se non in meglio. Quattro anni fa l’indice di spesa nella settimana di stipendio era pari a 97, saliva a 100 nella seconda settimana, a 101 nella terza e scendeva a 98 nella fatidica quarta settimana.
Certo, quando arriva il 20 del mese, le famiglie a basso reddito incominciano a trovarsi in difficoltà. Ma questo è sempre stato, non si tratta di un fenomeno legato alla politica economica e fiscale di questo o quel governo. La realtà, invece, è che in tutti questi anni i consumi interni hanno tenuto. Nei libroni che la Banca d’Italia fornisce il giorno dell’assemblea annuale (e che nessuno legge perché tutti sono concentrati su quel che dice il governatore) si trovano dati interessanti, come quelli sui consumi delle famiglie: ebbene, fatto 100 l’indice 1995, nel 2000 i consumi sono giunti a 114,5 per crescere a 117,7 nel 2001, a 121,4 nel 2002, a 124,6 nel 2003, a 127,5 nel 2004. Sono proprio i consumi interni delle famiglie a puntellare la nostra economia, mentre gli investimenti dell’industria languono.
L’italiano consuma, dunque, anche durante la quarta settimana. Consuma diversamente, certo. E secondo lo studio della Nielsen, consuma meglio. L’Italia è al primo posto in Europa per la spesa ragionata: il 26% dei consumatori pianifica le spese, e non compra mai di più rispetto a quanto progettato; dietro di noi, staccatissimi, Francia e Spagna al 14%. Gli italiani sono primi in Europa nel prestare attenzione alle etichette ed ai marchi di qualità. E se si spende di meno nel settore alimentare, non avviene perché - come qualcuno sostiene - gli italiani «devono risparmiare anche sul cibo». I consumi sono cambiati, si acquistano meno prodotti alimentari (14% del totale), e si spende di più per altri prodotti: il telefono cellulare, i viaggi, purtroppo anche la benzina.
La famiglia italiana spende, sempre in media, 2.381 euro al mese. Non è poco, sono oltre quattro milioni e mezzo «del vecchio conio», direbbe il Bonolis. Le vacanze estive si saranno pure ridotte di qualche giornata, però riguardano la gran parte degli italiani, che pure vivono in un Paese dove il mare e la montagna sono molto spesso a portata di bicicletta, o al massimo di autobus. La lamentela fa parte del nostro Dna, ma non bisogna esagerare: nel 2004 le famiglie italiane hanno speso 817.502 milioni di euro, mentre il risparmio nazionale ha raggiunto i 261.968 milioni di euro.

Un Paese così non fa la fame, neppure alla quarta settimana.
Gian Battista Bozzo

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