Cristo e Marx, sfida tra pesi massimi

Il vecchio papa della vecchia religio­ne va a trovare il vecchio e malato lìder della morta rivoluzione. Spera di convertirlo a credere che gli unici paradisi sono quelli promessi do­po la vita, e non durante

Cristo e Marx, sfida tra pesi massimi

Il vecchio papa della vecchia religio­ne va a trovare il vecchio e malato lìder della morta rivoluzione. Spera di convertirlo a credere che gli unici paradisi sono quelli promessi do­po la vita, e non durante. E lui, Fidel, che viene da un’utopia fallita e ha da­vanti a sé la morte, magari pensa di tra­slocare col suo sogno del paradiso in ter­ra nell’aldilà. Chissà che là non funzio­ni, visto che a Cuba quel paradiso si rive­lò un inferno. In fondo non ha più nien­te da perdere e fallita la rivoluzione non resta che sperare nella resurrezione.

Può darsi che Castro si arrenda a Dio, che esca a mani alzate e pugni chiusi, per salvare l’anima e labiografia.Ma in cielo si arriva disarmati e a mani giunte o aperte. Eppure c’è ancora chi crede che tra Cristo e Marx ci sia stretta parentela. Per esempio, Umberto Galimberti scri­ve che per ambedue la storia è promes­sa di salvezza.

E sono «superficiali», a suo dire, quelli che oppongono marxi­smo e cristianesimo solo per la fede in Dio e per l’ateismo. Vorrei dire al profondissimo filosofo che se per lui Dio è solo un pelo super­fluo della religione, cioè un dettaglio se­condario e superficiale, allora è un ignorante, filosoficamente parlando, perché ignora l’abissale ed essenziale differenza tra credere o no in Dio e rego­larsi di conseguenza.

È come dire: Fi­del Castro è affine a Padre Pio, stessa barba e stesse mani insanguinate. Con la trascurabile differenza che al frate era sangue proprio, frutto delle stimma­te divine, e al lìder maximo è sangue al­­trui, frutto delle repressioni comuni­ste.

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