Criticare il governo? In Palestina è tabù

Solo i palestinesi non avranno la loro primavera araba, neppure nella fase germinale, quella dei messaggi che criticano i leader su Facebook. Ultimamente le forze di sicurezza di Abu Mazen e di Salam Fayyad hanno fermato a Ramallah Rami Samara, giornalista dell’agenzia Wafa. Aveva scritto, dopo che i suoi avevano annunciato che era colpa degli israeliani se erano falliti i colloqui di pace: «Davvero i membri dell’unica leadership legittima dei palestinesi pensano che questo annuncio gli guadagni le loro poltrone, i caffè e tè nei loro uffici di Ramallah?». Il giovane è stato interrogato separatamente da ambedue le polizie e una donna che aveva postato un suo commento è stata a sua volta interrogata. Un anno fa un organizzatore tv di Betlemme, Mamdouh Hamarneh, è stato detenuto 50 giorni per aver paragonato Abu Mazen a un attore siriano che interpretava il traditore in un film. Insomma, i palestinesi devono dire solo cose carine dei loro capi. Non è tutto.

Con l’accordo con Hamas, Abu Mazen diventerà, oltre che Presidente, capo del comitato centrale di Fatah, presidente dell’Esecutivo dell’Olp, e comandante delle forze armate palestinesi anche Primo Ministro. Il Consiglio d’Europa ha da poco accettato quasi all’unanimità la Palestina come «partner per la democrazia». Non era meglio chiedere prima ai bloggers?

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