Critiche a Cameron E sull’intervento adesso tentenna anche Londra

Al quarto giorno di guerra scricchiola in Gran Bretagna il fronte interno: la «nazione guerriera», scottata dall’Irak, non ha messo molto a premere sul freno. Quello che solo una settimana fa sembrava un trionfo per la diplomazia del Regno sembra ora una maledizione.
Senza «endgame» in vista e tra i dubbi su chi sono i ribelli sostenuti da Odissey Dawn, per David Cameron si preparano giorni di passione. La luna di miele era già finita lunedì notte quando la Camera dei Comuni ha votato con 557 si e 13 no l’imprimatur all’azione militare: un sì imponente nei numeri ma tiepido nella sostanza a giudicare dalle perplessità espresse da parlamentari della maggioranza e dell’opposizione.

Lo stesso ha fatto la stampa: dopo le prime trionfalistiche 24 ore, sono cominciate le recriminazioni, le polemiche sugli obiettivi e la exit strategy. «Qui rischiamo di starci 30 anni», hanno gettato l’allarme esponenti Tory non aiutati dal sottosegretario alla difesa Nick Harvey: «Quanto è lungo un pezzo di spago? Nessuno può dire quanto andrà avanti la campagna».

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