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Crociata contro l’omosessualità: «Destabilizzante per la società»

Crociata contro l’omosessualità: «Destabilizzante per la società»

da Roma

È stata pubblicata l’istruzione del Vaticano che ribadisce il divieto per gli omosessuali di diventare sacerdoti. Il testo proibisce gli ordini sacri non solo a chi pratica l’omosessualità o sostiene «la cosiddetta cultura gay», ma anche a chi presenta «tendenze omosessuali profondamente radicate» pur non mettendole in pratica.
La novità di ieri non è però rappresentata dal testo, scarno, misurato e meditato, con cui, in sole otto pagine, la Santa Sede interviene sull’argomento, quanto piuttosto dal lungo articolo di commento pubblicato dall’Osservatore Romano e voluto dalla Segreteria di Stato. Lo ha scritto monsignor Tony Anatrella, psicanalista e insegnante di psicologia a Parigi, e non mancherà di suscitare polemiche.
Lo studioso, dalle colonne del quotidiano vaticano, afferma che «l’omosessualità è diventata un fenomeno sempre più preoccupante» e «può essere ritenuta una realtà destabilizzante per le persone e la società». Monsignor Anatrella definisce quindi l’omosessualità «come una incompiutezza e una immaturità insita nella sessualità umana».
«Pur rispettando le persone nella loro dignità – scrive il prelato psicanalista – non è accettabile strumentalizzare questo rispetto, lasciando supporre che l’uguaglianza tra le persone implichi ottenere gli stessi diritti». Dunque i gay «non sono nella condizione adeguata per sposarsi (il matrimonio è esclusivamente l’unione di un uomo e di una donna), per adottare figli e per accedere al diaconato e al sacerdozio (solo uomini in coerenza con la loro identità maschile possono ricevere il sacramento dell’ordine)». Il prete, si legge ancora nel commento pubblicato dall’Osservatore, deve essere infatti giunto «a una sufficiente maturità affettiva e sessuale in coerenza con la sua identità sessuale maschile. Egli deve essere di principio idoneo al matrimonio e capace di esercitare la paternità sui figli».
Monsignor Anatrella esclude categoricamente che l’omosessuale casto, capace di vivere la vita del celibato senza mettere in pratica le sue tendenze, possa diventare prete: «Bisogna liberarsi dell’idea – scrive – per la quale si crede che, nella misura in cui un soggetto omosessuale rispetta il proprio impegno di continenza vissuta nella castità, non ci saranno difficoltà ed egli può quindi essere ordinato sacerdote».
Com’è ormai noto, il documento vaticano ammette solo la possibilità che il seminarista abbia avuto qualche «problema transitorio» di omosessualità, e soltanto nel caso questo sia stato pienamente superato da almeno tre anni egli può arrivare al diaconato. Anatrella definisce questo tipo di problemi transitori come un atteggiamento che si incontra talvolta nell’epoca dell’adolescenza, «un’attrattiva passeggera nei confronti di persone dello stesso sesso» determinata da «varie ragioni»: «Di solito questa problematica si supera da sola oppure il soggetto può talvolta essere aiutato da un educatore o da un esperto a risolverla». Ma i candidati con tendenze «profondamente radicate», vale a dire «un’attrattiva esclusiva nei confronti di persone dello stesso sesso (un orientamento strutturale) – indipendentemente dal fatto che abbiano o no vissuto esperienze erotiche – non possono essere ammessi al seminario e agli ordini sacri». Non solo per il rischio che essi mettano in pratica questa tendenza, ma soprattutto per «gli effetti collaterali» che essa produce, vale a dire «atteggiamenti e comportamenti incompatibili col ministero sacerdotale».
Lo studioso dipinge infine un quadro a tinte fosche sulla situazione dei preti omosessuali: «L’esperienza mostra – scrive Anatrella – che la complessità delle relazioni che sono molto strette, il rinchiudersi in un clan di persone dello stesso tipo, le scelte affettive esacerbate, la posizione narcisistica di fronte alla comunità che diventa fonte di conflitti tra le persone fino a frazionarla, il discernimento delle vocazioni che seleziona candidati a propria immagine... la relazione con l’autorità fatta di seduzione e di rigetto, l’esercizio di un governo manipolatore delle idee e delle persone, una visione spesso limitata della verità e un modo selettivo di presentare il messaggio evangelico, e particolarmente ciò che rientra nel campo della morale sessuale e coniugale, sono abitualmente ambiti di confusione relazionale».


«Pertanto – spiega lo studioso – dinanzi alla moltiplicazione di situazioni inaccettabili presso ministri ordinati e religiosi che scandalizzano le comunità ecclesiali e la società, la Chiesa doveva ricordare uno dei criteri costanti della chiamata agli ordini sacri».

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