da Roma
«Ho nuove prove che dimostrano come il legame tra larmatore greco Spiros Latsis e la Commissione europea sia ancor più profondo di quanto si pensasse...» andava sussurrando ieri mattina, ad amici e colleghi, il britannico Nigel Farage che, più che euroscettico, bisognerebbe definire eurorifiutante, visto lalto tasso di boicottaggio che imprime ad ogni suo intervento nella vita dellEuroparlamento.
Fatto sta che lannunciata «bomba», una volta aperti i lavori daula, si è dimostrata meno di una bomba-carta. Un petardino. Non ha convinto nessuno loffensiva di Farage contro il presidente della Commissione, accusato di aver accettato una crociera e di aver poi concesso ad un finanziere greco aiuti comunitari dal capitolo degli stanziamenti regionali. Anzi: alcuni europarlamentari neocomunisti - che pure avevano firmato la mozione di censura che aveva obbligato il presidente Borrell a portare la questione in aula dato che si erano superate le 75 firme previste dal regolamento - si sono visti clamorosamente smentiti dai propri vertici che hanno chiarito nel corso del dibattito sviluppatosi ieri pomeriggio a Bruxelles, come «la trasparenza si afferma con i fatti e non con i processi alle intenzioni».
Che la crociera estiva nei Caraibi di Josè Manuel Durao Barroso collamico banchiere greco possa finire sugli scogli di Strasburgo (dove si voterà comunque nella settimana tra il 6 ed il 9 giugno) è a questo punto da escludere. Popolari, socialisti, verdi, Uen - gruppo di cui fa parte An - hanno rifiutato di accodarsi agli euro-avversari parlando di «caccia alle streghe», di «opportunismo della peggior specie per cercare di creare il mito degli angeli che lottano contro il diavolo delle tenebre», di «diffamazione che cerca di divenire strategia parlamentare». Un coro pressoché unanime che rifiuta di intravedere irregolarità nella crociera caraibica del presidente della Commissione.
E anche Barroso non è stato meno tenero nel rigettare la tesi di aver accettato quel viaggetto del valore presunto di 20mila euro. «Accuse quelle di Farage - ha detto in aula in toni secchi il presidente della Commissione - che hanno superato le soglie della democrazia e della demagogia. In nessun modo accettabili!». Si è soffermato poco Barroso in realtà sul suo rapporto con il magnate greco («un vecchio amico») concedendosi giusto una battuta al vetriolo nei confronti del suo accusatore («Capisco il suo stupore: lui, nessuno lo inviterebbe in barca») puntando invece più di un indice contro quello che ha fatto capire di ritenere il vero obiettivo dellattacco. «Sono qui - ha infatti detto agli europarlamentari - per capire cosa si pensi di questo gioco politico. Sono qui perché ritengo che non sia contro di me, personalmente. Sono attacchi questi, che si iscrivono in una logica populistica che dimostrano una tendenza contro lEuropa che cerchiamo di costruire. Chi ha promosso questa mozione ha cercato, attraverso mistificazioni, di demolire la credibilità delle istituzioni europee...».
Non ha parlato in aula, Barroso, del possibile legame temporale tra la manovra di Farage e lormai prossimo referendum francese. Ma una volta lasciatola, non ha mancato di evocare il più che probabile collegamento: «Il fatto che il Parlamento europeo abbia pronunciato un chiaro no alla demagogia - ha messo in rilievo - rappresenta un segnale forte in vista della chiamata alle urne.
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