I meno giovani ricorderanno il gingle del celebre confetto per cui «basta la parola». Anche ventanni dopo, nellera di Internet, una parola maldestra può far vacillare un titolo, la Borsa, il debito di un Paese. Basta una parola a far fuggire clienti, finanziatori, contribuenti, mercati. È il caso del «No boat, no crime», infelicissimo titolo dellindagine sullevasione fiscale che ha portato al sequestro dello yacht di un noto personaggio della F1. Il tema ovviamente non é linchiesta. È dovere di ogni cittadino pagare i tributi fino allultimo cent. Però che unamministrazione pubblica, un magistrato o altri ancora, decida di certificare, erga omnes, lequazione «diportista uguale criminale» é proprio una storiaccia nella storiaccia. Ripreso anche dal Financial Times, quel titolo ha già prodotto un fuggi fuggi di clienti esteri dallItalia provocando il crollo del settore charter, come conferma Thierry Voisin, rappresentante di una delle più quotate società di charter internazionale ed ex presidente della Mediterranean Yacht Brokers Association.
Un danno miliardario per lindotto delle nostre economie costiere, visto che quegli yacht generano annualmente uneconomia indotta pari al 10% del loro valore di acquisto, spiega lOsservatorio Nautico Nazionale, unica fonte in Italia che abbia un quadro completo della materia. Un danno per lindustria italiana che in 15 anni é diventata la prima al mondo in quel segmento di mercato, fino a dare lavoro a 120mila. Ma anche un danno di immagine, soprattutto, che si allarga su tutti i diportisti, tutti uguali, tutti colpevoli, nonostante l80% della flotta da diporto sia fatta da barchette e gommoni sotto i 10 metri e che, fra queste, quelle acquistate con più 30mila euro - il costo di unauto media - sia appena il 6%.
Peraltro già da anni le barche sono più che sovrastimate dal redditometro. Lo stesso non può dirsi per gli immobili, anche quelli di pregio, valutati a cifre risibili. Per tacere delle seconde case, oppure dei viaggi, dei noleggi, delle carte di credito..
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