Prima udienza interlocutoria nel processo d’appello bis per l’omicidio di Serena Mollicone, colpita alla testa, legata e lasciata morire in località Fontana Liri, in provincia di Frosinone, nel giugno 2001. Sostanzialmente, l’accusa per i tre imputati mira a ripartire dalla fine del processo di primo grado, che aveva ritenuto “plausibile” la dinamica del delitto così come enunciata dall'accusa, riservando gli approfondimenti in appello. Gli approfondimenti non ci sarebbero stati, dato che in secondo grado ci si è concentrati invece sulle incongruenze: da qui la decisione della Corte di Cassazione di tornare appunto in appello, annullando di fatto le assoluzioni.
Gli imputati per concorso in omicidio sono, come per i precedenti processi, i tre membri della famiglia Mottola, ovvero l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco Mottola. Secondo l’accusa, la 18enne Mollicone sarebbe stata aggredita all’interno della caserma dei carabinieri di Arce - il brigadiere Santino Tuzi l’avrebbe vista entrare ma non uscire, tuttavia la sua testimonianza non è stata presa in considerazione finora, perché dopo poco tempo dalle proprie dichiarazioni Tuzi si tolse la vita e quindi non potè essere ascoltato in aula.
“La Cassazione ha individuato ambiti delicati che meritano un’analisi più attenta da parte della Corte d’Appello”, ha dichiarato a margine dell’udienza l’avvocato Sandro Salera, che rappresenta la parte civile, ovvero la sorella della vittima Consuelo Mollicone. Secondo il legale sarebbe fondamentale rivalutare l’affidabilità di quanto dichiarò Tuzi, eventualità che viene chiesta anche dalla procura generale di Roma.
Il pg ha chiesto l’ascolto di oltre 50 testimoni, tra cui il luogotenente Gabriele Tersigni, oltre che una nuova perizia sul buco della porta della caserma: per l’accusa, la lesione sullo stipite sarebbe legata al colpo alla testa che avrebbe tramortito la 18enne, ma stando alla difesa il buco si sarebbe generato a seguito di un’accesa discussione tra Franco e Marco Mottola e quindi in circostanze del tutto estranee al delitto.
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Per la procura generale in altre parole l’obiettivo è provare che “Serena sia entrata in caserma quel giorno senza più uscirne e che ha sbattuto con la testa contro una porta della stazione dell’Arma”, oltre che accertare
“eventuali depistaggi attuati da Franco Mottola”. I giudici si sono riservati di decidere su queste richieste del pg alla prossima udienza, prevista per il 19 novembre. La sentenza è attesa per la primavera 2026.