Disastro Pioltello, chieste cinque condanne fino a 8 anni e 4 mesi di carcere

Oggi le conclusioni della procura di Milano che ha chiesto cinque condanne, tra cui quella per l'ex ad Maurizio Gentile, dai 6 anni e 10 mesi di reclusione agli 8 anni e 4 mesi. Chieste anche tre assoluzioni

Disastro Pioltello, chieste cinque condanne fino a 8 anni e 4 mesi di carcere
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Il disastro ferroviario di Pioltello è stato dovuto alla "responsabilità di Rfi (Rete ferroviaria italiana) e dei suoi vertici". É la "società stessa ad accettare il rischio di rottura dei giunti delle rete. Questo rappresenta una grave scorrettezza nei confronti dello Stato che versa milioni di euro per la manutenzione", ma anche una "grave slealtà nei confronti dei lavoratori dell'impresa che viaggiano tutti i giorni e che non hanno alcuna conoscenza e coscienza di ciò che riguarda la manutenzione". Allo stesso modo, per la procura, che ha chiesto cinque condanne dai 6 anni e dieci mesi fino a 8 anni e 4 mesi di carcere (per l'ex ad Maurizio Gentile) e tre assoluzioni, si è trattato di una "grave slealtà nei confronti dei passeggeri che ogni giorno viaggiano sul treno".

La procura ha anche chiesto la condanna a 6 anni e 10 mesi per Andrea Guerini, allora responsabile della Linea Sud della Direzione Territoriale Produzione (Dtp) di Milano, a 6 anni e 10 mesi per Marco Albanesi (in qualità di Responsabile dell'Unità di Brescia), a 7 anni e 10 mesi per Vincenzo Macello, Direttore della Direzione Territoriale Produzione (Dtp) di Milano, e a 8 anni e 4 mesi per Umberto Lebruto, all'epoca direttore della Direzione Produzione di Rfi. Secondo la procura, che ha ricostruito le responsabilità di ciascuno degli imputati, l'ad Maurizio Gentile è un "garante, è l'unico datore di lavoro e in quanto tale ha poteri di spesa. Non può spogliarsi dai suoi obblighi di legge". E ancora: "la sostituzione del giunto era programmata per l'aprile 2018. Albanesi non ha fatto nulla nel frattempo, né programmare controlli a ultrasuoni, né controlli sul posto, né visite straordinarie. E non ha disposto l'unica cosa che poteva fare ovvero una misura mitigativa, cioè un rallentamento della linea". In sostanza, per i pm, "se avesse messo in atto queste condotte, non ci sarebbe stato l'incidente. Un conto è quando un treno deraglia a 140 chilometri orari, un conto è quando deraglia a 50: in questo ultimo caso non fa del male a nessuno, perché va piano".

Per quanto riguarda Guerini, la procura ha valutato che da parte sua ci fu una "inerzia pressoché totale rispetto alle incombenze della sua posizione. Non prende misure straordinarie, nessuna iniziativa e non svolge alcuna attività di vigilanza". I pm hanno poi chiesto l'assoluzione per non avere commesso il fatto per Marco Gallini, allora Dirigente della struttura Organizzativa di Rete ferroviaria italiana, e perché "il fatto non sussiste"per Moreno Bucciantini, all'epoca capo reparto Programmazione e Controllo dell'Unità Territoriale Linee Sud di Rfi e Ivo Rebai, in qualità di Professional Senior responsabile della Struttura Operativa Ingegneria della Direzione Territoriale Produzione (Dtp).

Il disastro del regionale Cremona-Porta Garibaldi è avvenuto il 25 gennaio 2018 poco prima delle 7 del mattino. La pm Maura Ripamonti, che ha coordinato l'inchiesta insieme al collega Leonardo Lesti, e che è andata avanti per ore nel corso di due udienze per la requisitoria, ha sottolineato anche che "in caso di giunti ammalorati quasi mai accadono incidenti gravi e questo altera la percezione da parte dei dirigenti della pericolosità del fenomeno. Il dato statistico porta a una distorsione della percezione". E ancora: "Il 90 per cento dei passeggeri di quel giorno, ed erano 250 in tutto, era composto da gente che prendeva il treno alle 5.30 del mattino per andare a lavorare, così come qualche studente. Erano tutte persone che viaggiavano tranquille e che erano convinte che il treno fosse sicuro". Secondo la procura, la società ha fatto dei passi in avanti dal punto di vista della manutenzione ferroviaria, "anche se ancora oggi rimangono molti problemi. Il treno è un servizio pubblico che deve affrontare il tema della sicurezza per evitare che si verifichino condizioni come quella di Pioltello".

La procura ha sostenuto che i comportamenti “omissivi e quindi dolosi” dell’azienda Rfi (ritenuta responsabile ai fini della legge 231 sulla responsabilità degli enti) siano in sostanza riconducibili all’esigenza di limitare i costi economici (e non solo) che un rallentamento della circolazione in quella tratta avrebbe causato. "Per i pm di Milano - ha commentato l'avvocata Ambra Giovene - gli Ingegneri Umberto Lebruto e Vincenzo Macello non hanno evitato il disastro ferroviario di Pioltello. Per l’ennesima volta si pretendono condanne per ruoli apicali. Il reato è diventato una colpa per talune categorie sociali. Una deriva ignota al mondo civile occidentale. Il processo ha dimostrato che ogni scelta è stata compiuta nel rispetto di un sistema complesso, correttamente regolato, certificato e organizzato. Ma osservare la legge non basta. Il sospetto è diventato regola di giudizio e la responsabilità da posizione pare tranquillizzare gli animi. È l’unico modo per non rendere giustizia né agli imputati né alle vittime. Le richieste di condanna non hanno alcun fondamento probatorio e si fondano su un pregiudizio che non dovrebbe mai trovare ingresso in un'aula di tribunale".

“Quando sono entrata in aula mi è venuto da piangere perché ho rivissuto tutte le scene, mi sento una miracolata perché sono qui a poterlo raccontare, ma tre persone non ci sono più. A sentire in aula parlare delle negligenze viene nervoso perché come diceva la procuratrice, si poteva benissimo evitare e le tre persone morte oggi sarebbero ancora qui: come al solito per mancanza di manutenzione, per il Dio denaro ci sono stati tre morti e tanti feriti.

Ora mi aspetto che i colpevoli vengano fuori ed emergano le responsabilità. Tante paura ci sono ancora, non sono andate via, ho viaggiato trent’anni senza problemi e ora mi faccio il segno della croce”, le parole di Ileana, una delle sopravvissute al disastro al termine dell'udienza.

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