Cronaca giudiziaria

Salvini linciato per la citofonata: ora tutta la famiglia è stata condannata per droga

Nel 2020 la citofonata del leader leghista. La solita sinistra buonista lo aveva attaccato indignata. Ma oggi la famiglia è stata condannata. Pene fino a 14 anni di carcere

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Sono trascorsi tre anni da quando, nel gennaio 2020, Matteo Salvini citofonò a una famiglia del Pilastro, un quartiere periferico di Bologna dalla storia complicata. "Ci hanno segnalato una cosa sgradevole e volevo che lei la smentisse. Ci hanno detto che da lei parte una parte dello spaccio della droga qua in quartiere", disse il leader della Lega a citofono dopo la segnalazione di un abitante del quartiere, evidentemente esausto del degrado locale. Salvini finì nel tritacarne mediatico con l'accusa di aver violato la privacy di quella famiglia, dalla sinistra si sollevò una sommossa verbale contro il segretario del Carroccio a tutela di quelle persone che, da tutto il quartiere, venivano riconosciute come al centro di una rete di spaccio. La giustizia italiana è lenta, a tratti lentissima, ma fa il suo dovere e tutti i componenti di quella famiglia sono stati condannati.

Forte dell'appoggio della sinistra idealista, che non aveva perso tempo ad assaltare Matteo Salvini, il tunisino querelò l'attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Quella denuncia è stata archiviata nel 2022 insieme a quella che era stata fatta alla residente che lo accompagnò per il quartiere e che rivelò la presenza della famiglia di spacciatori, per la quale ora sono arrivate le condanne. Ai due genitori sono stati inflitti 1 anno e 2 anni, 6 mesi e 20 giorni di reclusione. Uno dei figli è stato condannato a quattro anni sei mesi e venti giorni mentre una figlia a tre mesi e dieci giorni di carcere.

La posizione figlio più giovane, che all'epoca aveva 17 anni ed era stato indicato come pusher, è stata rinviata al tribunale dei minori. A queste condanne si aggiungono quelle al cognato, che è considerato il capoclan della famiglia, Salah Eddine Karmi, per il quale sono stati determinati 14 anni, 7 mesi e 10 giorni di reclusione. Una vera e propria organizzazione a delinquere di cui facevano parte 7 persone, incluso il minore, che si muoveva come una piccola azienda. Cercavano i fornitori per l'acquisto della droga, reperivano i locali più idonei allo stoccaggio degli stupefacenti e successivamente rivendevano nelle piazze di spaccio locali.

I buonisti che all'epoca gridavano alla violazione della privacy e alla tutela dell'anonimato degli spacciatori, violata da Matteo Salvini che aveva dato seguito alla frustrazione dei residenti per bene del quartiere, oggi non dicono niente. Un refrain ormai noto di una sinistra senza più mordente che, per raccattare qualche voto arriva perfino a difendere i malviventi.

Lo ha fatto a Bologna nel 2020 e continua a farlo, come testimoniano le rimostranze di chi si indigna davanti ai video social delle borseggiatrici, che però sono diventati fondamentali per mettere in allerta i cittadini dai rischi di uno scippo.

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