Cronaca giudiziaria

Due anni fa l'omicidio di Luca Attanasio in Congo: lo stato delle indagini

Ricordata la figura dell'ambasciatore ucciso in un agguato nel North Kivu assieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e all'autista Mustapha Milambo. Proseguono le indagini per accertare la verità

Due anni fa l'omicidio di Luca Attanasio in Congo: lo stato delle indagini

Sono trascorsi due anni dall'omicidio dell'ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, e del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci. Assieme a loro, in quel 22 febbraio 2021, a perdere la vita è stato anche l'autista Mustapha Milambo.

Oggi il corpo diplomatico italiano ha ricordato quel tragico avvenimento. Alla Farnesina e in tutte le nostre sedi diplomatiche, alle 10:30 è stato osservato un minuto di silenzio. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è intervenuto in un videomessaggio per commemorare le vittime. L'Italia ha così ricordato dei servitori sulla cui morte si sta continuando a indagare. L'obiettivo è arrivare alla verità, al momento ancora lontana dall'essere accertata.

L'agguato del 22 febbraio 2021

Erano quasi le 10:30 quando un convoglio della Pam, il Programma Alimentare Mondiale, stava attraversando la N2, l'arteria cioè che collega Goma con Rutshuru. La regione è quella del North Kivu, nell'est della Repubblica Democratica del Congo. Si tratta di una delle aree più instabili e pericolose del Paese e dell'intero continente africano.

È noto che qui agiscono bande di criminali comuni, così come gruppi terroristici organizzati. Tra questi, l'Alliance Democratic Force, oggi considerata costola dell'Isis nella zona. Così come le cosiddette Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (Fdlr).

In quel 22 febbraio di due anni fa, la marcia del convoglio Pam è stata improvvisamente arrestata da alcuni criminali armati. Tutto è avvenuto all'altezza della località di Trois Antennes. A bordo del convoglio c'era anche Luca Attanasio, assieme a Iacovacci. La dinamica di quei tragici momenti è stata riportata nei mesi successivi da almeno due testimoni congolesi.

Secondo loro, gli assalitori parlavano in kinyarwanda, lingua usata in Ruanda ma anche nelle regioni orientali del Congo. I due testimoni hanno notato gli autori dell'agguato portare via nella boscaglia l'ambasciatore e il carabiniere. A favorire la loro fuga, la fitta boscaglia del Parco Nazionale del Virunga attraversato al suo interno dalla N2. L'intervento dei Rangers del parco ha dato vita a una fitta sparatoria, culminata con l'uccisione dei due italiani e del loro autista. Iacovacci sarebbe morto sul colpo, Attanasio invece durante i tentativi di soccorso.

La tesi di Kinshasa

Per le autorità congolesi non ci sarebbero dubbi. L'ambasciatore e il carabiniere sarebbero vittime di un tentativo di rapina fino nel sangue. Chi ha rapito quindi, lo ha fatto perché vedendo europei a bordo del convoglio Pam ha pensato di poter chiedere onerosi riscatti.

A dare manforte a questa ricostruzione, sono stati gli arresti portati avanti dalla stessa polizia congolese. Nel gennaio del 2022, in particolare, sono stati fermati sei sospettati. Uno di loro è membro dell'M23, uno dei gruppi armati operanti nel North Kivu. Ma per Kinshasa si tratterebbe comunque di una banda criminale comune capeggiata da un soggetto noto come Aspirant, tuttora latitante. I sospettati sono stati incarcerati e mostrati in un video. In quelle immagini, i capi locali di esercito e polizia hanno spiegato a favore di telecamera i crimini imputati ai fermati.

Le indagini italiane

La famiglia di Luca Attanasio è sempre apparsa scettica sulla veridicità della ricostruzione fatta dalle autorità di Kinshasa. Molti gli elementi poco chiari. A partire dal fatto che i Ros dei Carabinieri sono potuti atterrare in Congo soltanto diversi mesi dopo l'agguato. E questo nonostante almeno due richieste di rogatoria internazionale. Non solo, ma durante la prima fase delle indagini congolesi il magistrato che indagava sul caso, William Assani, è stato ucciso sempre lungo la N2.

Gli inquirenti italiani sono riusciti comunque a raccogliere le testimonianze dei sospettati arrestati dalle autorità locali. Le loro dichiarazioni hanno mostrato non poche incongruità, generando quindi ulteriori sospetti sulla trasparenza di Kinshasa. Le indagini stanno comunque andando avanti.

Nelle scorse ore su L'Espresso è stata riportata la testimonianza di un ufficiale congolese, il quale ha messo in discussione la tesi dell'agguato a scopo estorsivo. Secondo il testimone, rimasto anonimo per ragioni di sicurezza, si è trattato invece di un vero e proprio agguato militare. A condurlo sarebbero stati criminali ben organizzati arrivati dal Ruanda, i quali si sono avvalsi della complicità di un colonnello congolese.

A Roma comunque, nell'ambito dell'inchiesta portata avanti in Italia, ci sono due nomi iscritti nel registro degli indagati e rinviati a giudizio. Si tratta di due funzionari Pam: Rocco Leone, presente nel convoglio assaltato, e Mansour Rwagaza. Per loro l'accusa è quella di omicidio colposo.

I due infatti, secondo i magistrati capitolini, non avrebbero ottemperato a tutte le misure di sicurezza necessarie per garantire l'incolumità di Attanasio. In particolare, alle autorità competenti avrebbero segnalato la presenza, all'interno del convoglio, soltanto di membri del Pam. Le comunicazioni inoltre non sono arrivate con il giusto preavviso. Elementi che avrebbero quindi contribuito all'agguato.

Per loro, l'udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 25 maggio.

A Kinshasa invece, contestualmente, nonostante i dubbi emersi in Italia si va verso la condanna dei sei sospettati arrestati lo scorso anno.

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