Andrea Sempio per la prima volta dalla riapertura dell'indagine è stato ospite di Rai Uno da Bruno Vespa nel programma "Cinque Minuti" per il caso di Garlasco e questa sera sarà in studio anche a Porta a Porta. Il commesso è indagato per la terza volta per l'omicidio di Chiara Poggi e attualmente è il suo nome è stato iscritto per omicidio in concorso. Rispetto al passato, quella aperta dal procuratore Fabio Napoleone non è stata archiviata in pochi mesi e tra un mese ci sarà l'udienza per chiudere l'incidente probatorio e probabilmente ci sarà anche la discovery di tutti gli elementi in caso di rinvio a giudizio.
"Credo che ormai sia stato acclarato in anni di processi e più sentenze, quindi io mi rifaccio a quello che hanno detto le sentenze: ad oggi il colpevole è Alberto Stasi e non ho motivo di pensare il contrario", ha dichiarato Sempio a domanda diretta di Vespa in apertura di programma su chi, secondo lui, abbia potuto uccidere la sorella di uno dei suoi migliori amici. Oggi, dopo tre iscrizioni nel registro degli indagati, Sempio dice di sentirsi "un po'" perseguitato, perché "è ormai una cosa che periodicamente ricapita, ci ricadi dentro e tutto, quindi sì, capisco che un certo accanimento c'è, spero in buona fede".
In questo momento, ha detto Sempio a Bruno Vespa, "non ho una vita, sono tornato a nella cameretta in cui stavo una volta e a quasi 40 anni sono chiuso lì, non posso fare niente, non posso avere una vita, è come essere ai domiciliari". Ed è poi tornato a parlare del famoso appunto di cui suo padre si è assunto la paternità: "Venditti Gip archivia per 20. 30. euro". Secondo gli investigatori quel biglietto si inserisce nell'indagine aperta con l'ipotesi di reato di corruzione in atti giudiziari per ottenere l'archiviazione nell'indagine del 2017 ma Sempuo sostiene che "non era nè più nemmeno che un appunto che si era preso mio padre. Credo fosse un appunto per quanto costava ritirare le carte dell'archiviazione, quindi 20/30 euro".
Agli avvocati, dice Sempio sono stati dati "più o meno 50mila. L'elenco di tutti i soldi che abbiamo dato agli avvocati c'è ed è stato trovato durante la perquisizione", si tratta di un appunto dove Giuseppe Sempio "ha messo le spese degli avvocati e del consulente". E qui, ha proseguito il commesso con Vespa, "Lovati era un nome generico per indicare gli avvocati come li ha messi lui nell'appunto".
Sempio ha poi negato di aver avuto in anticipo le domande degli investigatori: "Non c'è stato nulla di tutto ciò, nessun passaggio di domande. C'era questa cosa particolare che io sapevo in anticipo le domande ma in realtà quegli argomenti erano cose già uscite a cui avevo già risposto. Non c'era un argomento particolare". E nega anche di aver avuto un trattamento di favore perché, dice, "con tutte le figure degli inquirenti con cui ho avuto a che fare io ho avuto un buon rapporto. Ho detto che quando sono stato sentito ho avuto l'impressione che loro comprendessero quello che io stavo dicendo e che non mi stavano inquisendo in quel momento". Le persone si sono stupite "perché il tono era confidenziale ma era quello che avevo anche con i carabinieri che sono venuti a casa".
Nella successiva parte di intervista a Porta a Porta, Sempio ha ribadito non conoscere Chiara Poggi perché "c'erano 7 anni di differenza. Erano due mondi diversi, non c'era... Erano due mondi diversi. Era la sorella più grande del mio amico". Giocava in camera sua con il pc ma non avevano rapporti e, soprattutto, sostiene di non aver "mai visto video pornografici in quel Pc. Magari era materiale che stava sul computer. È vero che ho giocato ma non ho mai avuto accesso, ero sempre in compagnia di Marco (Poggi, ndr)". Sull'impronta 33 sostiene di avere "molti dubbi che sia attribuibile ma anche fosse, non trattandosi di una traccia insanguinata... Può essere mia: non andavo spesso in cantina ma ci sono stata 3 o 4 volte". È la la linea portata avanti dalla difesa fin dall'inizio di questa indagine, anche se all'inizio si era sostenuto che Sempio non frequentasse quella casa.
In merito al presunto Dna sulle unghie della vittima, Sempio è in attesa "dell'esito dell'incidente probatorio. C'è una cosa che mi lascia lì perché si continua a parlare di Dna ma anche prendendo le famose consulenze, come quella Linarello, sia quella della procura, non arrivano mai a dire che c'è Dna di Sempio. C'è una traccia parziale e forse alcuni punti possono essere attribuibili alla famiglia. Non arrivano mai a puntare il dito contro di me. Se fosse stata una traccia durante un'aggressione sarebbe stata netta. L'incidente probatorio male che vada arriverà a questo". Sullo scontrino, invece, Sempio ha spiegato che quella "era la settimana di ferragosto, non c'era nulla da fare. Andavi in giro e perdevi tempo così". Quel giorno, ha aggiunto, "ero andato a Vigevano, ritrovo quello scontrino che lo attesta, è successo questo evento e ovviamente l'abbiamo tenuto. Non sono l'unico che l'ha fatto". Alla domanda sul perché lo abbia tenuto, ha dichiarato non aver "immaginato di essere indagato ma subito nel 2007 il giro di amicizie è stato subito sentito, era palese che sarebbero venuti a farci delle domande quindi quello che spiega la tua giornata serve".
Bruno Vespa ha insistito anche sulle chiamate effettuate nei giorni precedenti all'omicidio, e Sempio ha ribadito di sapere "che Marco era in vacanza ma non sapevo quando sarebbe tornato. Avevo provato a contattarlo ma non ero riuscito. Una chiamata ho sbagliato a farla, nella seconda sono sicuro di aver parlato con Chiara, forse anche con la prima, 9 su 10 sì". E ha messo nel calderone anche un altro soggetto, che lui dice essere un amico ci del papà della vittima, che "ha fatto esattamente la stessa cosa ma non è stata tirata in mezzo". E quando "avviene il delitto né io e né gli altri abbiamo scritto. Anche questa persona non ha mai scritto al padre di Marco". Certo, ha aggiunto, "scomparire non è elegante ma non è un incidente è una cosa più grave e non sapevo cosa dire".
Nell'intervista si è tornati a parlare anche dell'avvocato Massimo Lovati, a cui Sempio ha revocato l'incarico perché "c'è stata una divergenza sulla linea difensiva. Volevamo prendere un approccio i più morbido e lui era un po' troppo aggressivo con una strategia non prevedeva un piano B". Lovati, ha aggiunto, "aveva un'idea più aggressiva e un po' di difficoltà a rapportarsi con i consulenti, noi più a largo spettro. Lui in quello faceva fatica. Avevamo una parte della difesa che andava da una parte e un'altra dall'altra". E a proposito degli avvocati si è tornati a parlare anche degli appunti e dei corrispettivi: "Ne avevo tre ma la parola finale era di Lovati. I soldi venivano consegnati a Lovati ma all'avvocato Soldani ma Lovati era la figura di riferimento. Per noi la parte degli avvocati era rappresentata da Lovati: tutti soldi sono stati portati all'avvocato Soldani e poi lì si distribuivano".
Anche sul Santuario della Bozzola, Sempio avanza dubbi, dicendo che "oggi gira qualunque storia ma io non l'ho mai frequentato. L'ambiente del santuario era un giro che non frequentavo, così come l'oratorio e il centro estivo". A Vespa ha spiegato, con "Marco non abbiamo parlato di Chiara e di nulla che la riguardava". Un altro amico di Sempio era Michele Bertani con il quale dice di essere "cresciuto fino alla fine della terza media e superiori. Non so perché si è suicidato, ci siamo persi di vista dopo le superiori. Da quanto so aveva avuto brutti problemi di droga. Dubito c'entri il santuario, non ci credo".
Quello di Chiara Poggi, dice Sempio in base alle sue conoscenze, a suo avviso "sembra né più né meno un delitto passionale o d'impeto. Da quello che vedo e che è emerso non mi pare un delitto fatto bene per essere occultato mi sembra sia avvenuto qualcosa che ha portato allo scontro". Tornando sul fratello della vittima, ha affermato che "Nella prima settimana non ci siamo sentiti e da lì in poi il rapporto è andato avanti. Non abbiamo mai toccato l'argomento".
Quando questa vicenda sarà conclusa, se avrà un finale positivo, Sempio dice di sognare "di cercare di tornare alla normalità e vedremo quanto sarà possibile. Finchè si tratta di lanciare suggestioni e gettare fango la macchina dei media si impegna parecchio. Mi ero già spostato da Garlasco per lavoro però ho questa fama involontaria, anche qui a Roma, non è un discorso di andare via da lì ma io non ho motivo di andare via".