Garlasco, cosa è emerso sull'impronta 33

La procura ha risposto all'avvocato della famiglia Poggi sottolineando che il materiale venne impiegato interamente e che non è stata trovata la sua fiala

Garlasco, cosa è emerso sull'impronta 33
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La procura di Pavia ha rigettato la richiesta di incidente probatorio avanzata dall'avvocato della famiglia di Chiara Poggi per l'ormai nota "impronta 33", quella trovata sul muro delle scale che portano in taverna, dove il corpo della vittima è stato trovato il 13 agosto 2007. La motivazione della procura è che "non è possibile procedere ad accertamenti biologici". Il rigetto è del 2 luglio ma emerge in queste ore, tramite l'agenzia Adnkronos, a poche ore dalla presunta deposizione della difesa di Alberto Stasi di una consulenza che mira a dimostrare che su quell'impronta c'è (c'era) del sangue. I consulenti dell'unico condannato non hanno ovviamente avuto accesso al materiale fisico dell'impronta, perché non esiste più.

Lo scrive la stessa procura in quel documento, spiegando che l'intonaco "risulta allo stato interamente utilizzato - dopo essere state verosimilmente pregiudicate dall'azione inibente della ninidrina - per indagini biologiche, come riferito ai pubblici ministeri il 9 giugno 2025 dal tenente colonnello Alberto Marino". Un'informazione nota, che viene fornita alla parte civile per spiegare la ragione per la quale non è possibile procedere con un'indagine biologica, che è lo scopo dell'incidente probatorio in corso, ora esteso anche alle impronte digitali. Inoltre, c'è un altro dettaglio fondamentale che impedisce di rilevare biologicamente il sangue, ossia il fatto che, come spiega la procura, la fiala con il grattato del muro "non è stata rinvenuta il 17 giugno 2025 nei reperti provenienti dal Ris di Parma". Essendoci stata una condanna in via definitiva, è prassi che i reperti (o parte di questi) vengano distrutti.

La procura aggiunge inoltre che "all'evidenza, non è possibile procedure ad accertamenti biologici sul reperto fotografico dell'impronta". Questo non significa che non verrà accettata la consulenza che la difesa di Stasi si appresta a depositare, che si basa sull'ipotesi che la ninidrina, per quanto abbia invalidato il repertamento biologico del sangue, potrebbe aver reagito in modo diverso sul materiale ematico.

Questa è la tesi che viene portata avanti dalla difesa di Stasi, che sta cercando di dimostrarlo in via strumentale senza avere in mano il reperto fisico e, quindi, senza la necessità di procedere con gli accertamenti biologici, come spiegato dalla procura di Pavia. Bisognerà attendere che la consulenza venga depositata per capire se questa possibilità esiste realmente.

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