Dice di non essere evaso, ma di essersi solo «allontanato» dalla casa di lavoro nel modenese alla quale era stato affidato lo scorso settembre dopo aver scontato in carcere 26 dei 30 anni di reclusione che gli erano stati inflitti per aver ucciso padre, madre e fratello nel 1998 a Cadrezzate, in provincia di Varese.
Per la giustizia Elia Del Grande, oggi 49enne, è tecnicamente un evaso. Ma lui non ci sta e in una lettera inviata a Varesenews, un giornale di notizie locali al quale aveva già scritto in passato, spiega che ha deciso di andarsene dalla comunità di Castelfranco Emilia perché a suo dire non era adeguata al compito di preparare i detenuti a reinserirsi nella società. «Il mio gesto - spiega nella missiva - è dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire» ma che «in realtà sono recipiente di coloro che hanno problemi psichiatrici e che non hanno posto nelle Rems». Ben peggio delle carceri, dice.
Alcuni giorni fa Del Grande ha fatto perdere le sue tracce ed è attualmente ricercato. Gli investigatori si stanno concentrando su Emilia, Lombardia e Sardegna, ma non escludono altre destinazioni in Italia o all'estero. Forse sarebbe in fuga con la compagna. Aveva 22 anni quando il 7 gennaio del 1998, dopo aver assunto cocaina, uccise il padre Enea, 58 anni, la madre Alida, 53, e il fratello Enrico, 27, in casa a colpi di fucile. La «strage dei fornai», venne denominata, perché i Del Grande avevano una nota impresa di panificazione. Elia - che già prima di sterminare la famiglia aveva avuto problemi con gli stupefacenti e poco più che maggiorenne aveva accoltellato un tassista - aveva contrasti con i genitori a causa della sua relazione con una ragazza originaria di Santo Domingo, conosciuta sull'isola dove i Del Grande avevano delle proprietà e dove era stato mandato per tenerlo lontano dai guai. Elia voleva sposare la giovane, ma i genitori non volevano. Così li uccise e ammazzò anche il fratello maggiore. Poi fuggì in Svizzera, quando venne arrestato confessò. In primo grado prese l'ergastolo, in appello 30 anni. Ne ha scontati 26 e 4 mesi ed ha estinto il suo debito con la giustizia, ma è rimasto destinatario di una misura di sicurezza perché ritenuto ancora «socialmente pericoloso», così e a settembre è stato affidato alla comunità di lavoro dal quale il 30 ottobre è scappato. Perché - spiega - si era ritrovato ad essere trattato peggio di un detenuto. «Avevo ripreso in mano la mia vita - scrive - ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro (). Avevo ritrovato una compagna, un equilibrio, i pranzi, le cene, il pagare le bollette le regole della società, tutto questo svanito nel nulla per la decisione di un magistrato di Sorveglianza, che mi ha nuovamente rinchiuso facendomi fare almeno mille passi indietro».
La misura di sicurezza gli «ha fatto crollare il mondo addosso». «Ho visto non considerato il mio impegno lavorativo, il mio percorso di reinserimento.
Oggi tutte le cronache - osserva Del Grande - mi definiscono come il serial killer, il pazzo assassino che è sfuggito senza la minima remora e controllo, additandomi di tutte le cose del passato senza informarsi prima su cosa ho fatto da quando sono stato scarcerato il 16 luglio 2023». Per questo si è «allontanato», non è scappato.