Inchiesta urbanistica: Pg Cassazione, no all'arresto di Manfredi Catella per corruzione

La pg concorda con i giudici del Riesame che non hanno riconosciuto la "gravità indiziaria" rispetto alla corruzione, pur consapevoli della "eccessiva" vicinanza tra pubblico e privato

Inchiesta urbanistica: Pg Cassazione, no all'arresto di Manfredi Catella per corruzione
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Dopo il tribunale del Riesame, anche la procura generale della Corte di Cassazione è convinta che Mandredi Catella non dovesse essere messo ai domiciliari quest'estate per l'inchiesta sull'urbanistica. È di queste ore infatti la notizia, dopo il deposito della requisitoria in vista dell'udienza, che anche la sostituta pg Cristina Marzagalli ha chiesto di respingere l'annunciato ricorso dei pm Clerici-Petruzzella-Filippini, con l'aggiunta Tiziana Siciliano, contro l'arresto del numero uno di Coima. Bisognerà aspettare il 12 novembre, giorno della sentenza dei giudici della Suprema Corte, per sapere cosa ne pensano gli Ermellini. È anche doveroso sottolineare che i giudici di Cassazione non entreranno nel merito delle accuse mosse a Catella, ritenuto dalla procura il corruttore - consulenze profumatissime in cambio di pareri favorevoli - di un membro della commissione Paesaggio, anche lui liberato, l'architetto Alessandro Scandurra. Ma intanto la pg, che rappresenta l'accusa nelle udienze in Cassazione, concorda con il Riesame che l'arresto deciso dal gip non era supportato da "gravi indizi" sulla corruzione, e anzi andava annullato.

La pg sembra concordare con i giudici del Riesame che non hanno riconosciuto la "gravità indiziaria" rispetto alla corruzione, pur consapevoli della "eccessiva" vicinanza tra pubblico e privato, dimostrato dalle plurime chat depositate dai pm al Riesame, grazie al lavoro e all'analisi della guardia di finanza. Pur non entrando nel merito della vicenda, respinge al mittente la tesi dei pm milanesi che hanno sostenuto che il Riesame abbia ignorato chat importanti e non abbia avuto una visione complessiva degli elementi posti a supporto della tesi accusatoria.

In particolare il Riesame aveva ritenuto che non si potesse "sostenere che i pagamenti delle fatture da parte di Coima a favore di Scandurra", in quel momento pubblico ufficiale, fossero "riconducibili ad un accordo corruttivo" e non alla normale "attività professionale" prestata per Coima come architetto.

Concetto che rimarrebbe valido anche se fosse provato che Scandurra ha violato "l'obbligo di astensione" dentro la commissione paesaggio non essendoci "evidenze di indebite pressioni o sollecitazioni" da parte dell'architetto sugli altri 10 membri (all'epoca) dell'organo collegiale chiamato a vagliare i progetti edilizi di Milano.

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