
Mazzette alla Farnesina per visti e falsi permessi di lavoro. Nei giorni scorsi si è tenuta la seconda udienza del processo a carico dell’imprenditore bengalese Islam Nazrul, proprietario di un ristorante a Roma, e del suo collaboratore Kazi Shamin. Alla sbarra ci sono anche due funzionari della Farnesina - che si proclamano innocenti - accusati di aver favorito un mercato dei visti tra l’Italia e l’ambasciata italiana in Bangladesh». L’udienza si è resa necessaria per riformulare i capi d’accusa contro Nazrul e Shamin, che si sono auto accusati, ammettendo di aver provato anche a corrompere il parlamentare Fdi eletto all’Estero Andrea di Giuseppe (rappresentato dall’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro) «colpevole» ai loro occhi di aver scoperto e denunciato il mercato dei visti, tanto da essere ammesso come parte civile nel procedimento.
Nel corso dell’udienza i legali dei funzionari della Farnesina Nicola Muscatello e Roberto Albergo, che secondo le ricostruzioni della Guardia di Finanza avrebbero rilasciato documenti che consentivano l’ingresso legale in Italia in cambio di soldi, biglietti aerei e investimenti immobiliari negli Emirati, hanno chiesto un termine per esaminare i nuovi capi di imputazione formulati dal pm. Il collegio ha rinviato l’udienza al prossimo 14 novembre. In attesa di capire se i due imputati extracomunitari che si sono pentiti chiederanno uno sconto di pena in cambio della collaborazione, i legali dei funzionari della Farnesina Marco Misuraca e Bruno Larosa hanno annunciato che solleveranno l’eccezione di utilizzabilità delle registrazioni e dei messaggi intervenuti con Di Giuseppe, sostenendo che ci sarebbe dovuta essere essere la preventiva autorizzazione della Camera dei deputati.
L’inchiesta era partita nel marzo del 2023 da una dettagliata indagine del parlamentare Fdi eletto all’Estero, convinto che dietro il mercato dei visti concessi allegramente da alcune nostre ambasciare si nasconda un lucroso business su cui ci sarebbero anche le manine delle agrimafie, interessate ad avere manodopera che arriva in Italia con visti fasulli e resta a lavorare in nero, soprattutto in Regioni ad alta vocazione agricola come Puglia e Campania. Un business già denunciato più volte dal premier Giorgia Meloni alla Procura antimafia guidata da Giovanni Melillo. Due anni fa un blitz di Gdf e Farnesina nei nostri uffici diplomatici aveva smantellato una parte di questa organizzazione, che attraverso la complicità di imprenditori in Italia, i Caf e alcuni funzionari del ministero, facevano arrivare bengalesi con visto turistico farlocco, pagato tra i 7mila e i 15mila euro.
Più volte l’esecutivo ha denunciato l’enorme differenza tra le domande di assunzione registrate per lavoratori da Pakistan e Sri Lanka con il click day e i contratti effettivamente registrati, (in Campania siamo sotto il 3%), con il rischio di aprire le porte del Paese al terrorismo. Del pasticcio sui visti ha parlato il Giornale per primo il 9 giugno 2021, quando gli uffici diplomatici a Islamabad denunciarono la scomparsa di mille visti Schengen dalla cassaforte italiana, intercettati a Dubai grazie all’intuizione di un ufficiale di stanza in aeroporto.