"Nel 2007 negato l’accesso ai rifiuti". Le parole del genetista sul caso Garlasco

Matteo Fabbri faceva parte del primo pool difensivo di Alberto Stasi, che un mese dopo l'omicidio entrò nella villetta di Garlasco

I Ris tornano a Garlasco per ricostruire le traiettorie delle tracce di sangue con nuovi strumenti
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Il rinvio della chiusura dell'incidente probatorio per l'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco il 13 agosto 2007 sembra sempre più probabile. Era un'eventualità paventata fin dall'inizio che ora è quasi certezza. Nei prossimi giorni il gip convocherà le parti e si deciderà il da farsi, perché ci sono ancora accertamenti fondamentali da fare che richiedono qualche settimana in più. Nel frattempo, l'eco mediatica del caso non si è spenta e alcuni dei professionisti che hanno partecipato alle prime indagini, o che oggi sono consulenti di parte, tengono viva l'attenzione dell'opinione pubblica. Come le dichiarazioni del genetista Matteo Fabbri a Quarta Repubblica.

Fabbri è stato parte del primo collegio difensivo di Stasi in qualità di consulente e nel 2007 è stato tra coloro che sono entrati nella villetta di Garlasco, quindi ha partecipato alla prima fase delle indagini e a distanza di 18 anni ha rivelato alcuni dettagli che con senno di poi potrebbero aiutare a comporre il puzzle definitivo, attività alla quale si sta dedicando la procura di Pavia. Ha dichiarato davanti alle telecamere che durante il primo accesso nella villetta di Garlasco, circa 30 giorni dopo il delitto, "tentammo di ispezionare il contenuto di questa pattumiera, azione che ci venne fortemente bloccata e impedita". Fabbri ha sottolineato che parla al plurale perché in quell'occasione non erano soli "ma in compagnia di tutte le parti del processo, in uno spirito che si credeva di collaborazione".

Riuscimmo, ha aggiunto, "semplicemente a fare una piccola fotografia di questo contenuto. Dove, a ricordo, comparivano i Fruttoli e questo Estathé". Ma sul motivo per il quale ci fu questo impedimento, tutt'oggi Fabbri non ha alcuna idea. "Era un reperto, una zona, una sede molto importante anche per capire, rispetto al contenuto, se fosse congruo e coerente con le persone che in quei giorni frequentavano l’abitazione", ha proseguito, sottolineando che si trattava di reperti organici che, ovviamente, a distanza di 18 anni sono andati incontro al naturale deperimento.

Sulle 8 impronte che sono state rilevate in sede di incidente probatorio, che erano latenti e quindi invisibili a occhio nudo, il genetista ritiene che abbiano i "requisiti minimi" per un confronto, che dovrebbe essere effettuato prossimamente.

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