"Chiamatemi procuratore". Il nuovo pg di Torino sferza il politicamente corretto

Procuratore e non procuratrice: il nuovo pg di Torino, Lucia Musti, mette le cose in chiaro durante l'insediamento e chiede di essere chiamata al maschile e fa scattare le polemiche femministe

"Chiamatemi procuratore". Il nuovo pg di Torino sferza il politicamente corretto
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A capo della procura di Torino è arrivata Lucia Musti, magistrato con esperienza decennale, chiamata a dirigere una delle sedi più importanti del nostro Paese. Nel discorso di insediamento ha voluto mettere subito le cose in chiaro con la stampa e con i colleghi, sostenendo la "preferenza dell'appellativo di procuratore e non di procuratrice". Una scelta che dimostra fin dal principio il desiderio di Musti di concentrarsi sul suo lavoro e non su inutili battaglie linguistiche. Si è detta "certa di non mancare di rispetto e alla storia del femminismo italiano e al quotidiano impegno che le donne mettono nel lavoro e nella famiglia a volte senza aiuto alcuno e pubblico e privato".

Tuttavia, le sue dichiarazioni hanno scosso il mondo delle femministe integraliste, che pretendono la declinazione di tutte le parole. Una deriva che ha trovato in alcuni casi anche il sostegno istituzionale, come dimostra l'università degli Studi di Trento, che ha applicato addirittura il femminile sovraesteso. Ma a fronte di chi si concentra solo sulle battaglie ideologiche fini a se stesse, Musti guarda oltre. "Voler essere chiamata procuratore non è perché forse si ha una femminilità diversa, non è così, non fermiamoci a certe parole che si vogliono strumentalizzare", ha dichiarato, difendendo la sua scelta. Come lei, in passato, aveva preso una posizione anche Beatrice Venezi, direttore d'orchestra, che sottolineò come fosse quello il titolo nel suo diploma, non direttrice come impone il femminismo.

Il fatto che il procuratore generale Musti abbia chiesto espressamente che il suo titolo non venga declinato non significa che sia "un'infiltrata" del patriarcato. Infatti, come ha sottolineato durante il suo insediamento, "Torino è il distretto in cui hanno esercitato la professione di magistrato due tra le prime sette donne vincitrici di concorso in Italia e dunque questo è un plusvalore che aumenta ed accresce in me la consapevolezza dell'importanza di esserne parte". Il riferimento di Musti è a Graziana Calcagno e Giulia De Marco, "colleghe che hanno superato pregiudizi e prevenzioni da parte dei medesimi colleghi di genere maschile e che hanno svolto i rispettivi lavori anche in condizioni particolari per la storia specie politica che attraversava l'Italia".

Nel corso del suo insediamento ha tracciato la sua linea d'opera per i prossimi anni, durante i quali ha annunciato che la sua "massima e personale attenzione" sarà "riservata ai processi di criminalità mafiosa e ai processi riferibili a gruppi della

federazione anarchica e informale e all'antagonismo". Ed è forse questa sua presa di posizione contro le aree di estrema sinistra ad aver infastidito le femministe che si sono scagliate contro la sua decisione.

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