Alle forze dell'ordine è fatto divieto di criticare una sentenza. In estrema sintesi, è questo che è emerge dallo scontro verbale in corso tra i sindacati di polizia e la Camera penale di La Spezia, dopo l'amarezza espressa dal sindacato di Polizia Sap a seguito della decisione di un giudice di liberare un boliviano che aveva aggredito un agente. Tutto nasce durante un controllo di polizia avvenuto in conseguenza di una rissa che si è sviluppata nella città ligure. Il sudamericano, un 26enne, è stato identificato dagli agenti ma subito dopo ha sferrato un pugno in pieno volto al poliziotto, colpendolo alla mandibola. L'agente ha avuto 4 giorni di prognosi e il boliviano è stato denunciato per resistenza e aggressione a pubblico ufficiale.
"Purtroppo siamo nuovamente qui a commentare un fatto frustrante, che delegittima ancora una volta l’operato dei colleghi intervenuti su una lite scaturita nel centro cittadino", sono state le parole del segretario provinciale spezzino del Sap, Sindacato autonomo di Polizia, Alessandro Cariola. "Il fatto, secondo chi è deputato a giudicare, è stato considerato di lieve entità. Motivo per cui veniva disposta la non convalida dell’arresto e l’immediata liberazione dell’aggressore", prosegue il sindacalista, che sottolinea come, nelle motivazioni, il giudice abbia spiegato che "essendo il pugno stato sferrato in seguito alla fase di identificazione, non pregiudicava l’operazione di Polizia e pertanto non si riteneva necessaria alcuna misura restrittiva". La liberazione viene definita da Cariola come "fatto frustrante, che delegittima ancora una volta l’operato dei colleghi".
Le sue parole sono però state interpretate dalla Camera penale di La Spezia come un attacco alla giustizia e, secondo loro, come si legge nella nota, definire "fustrante" e "delegittimante" la sentenza "appare, oltreché fuorviante, anche un pericoloso tentativo di inquinare la serenità del giudizio. Un malcelato sforzo volto ad attentare alla libertà e all’indipendenza". L'intervento degli avvocati di La Spezia non era prevedibile ma nella loro nota, smentendo che la motivazione sia quella riferita da Cariola o, meglio, sostenendo che sia ben più articolata, si ergono a difensori "della serenità e dell’indipendenza del giudizio".
Tuttavia, come riferisce Stefano Paoloni, segretario generale del sindacato Sap, l'intento dell'intervento "non era ovviamente quello di voler condizionare alcunché anzi, da poliziotti abbiamo grande senso istituzionale e rispetto delle Istituzioni". L'intervento era finalizzato "a far sì che l’opinione pubblica e la politica prendessero ulteriormente consapevolezza delle condizioni in cui agiamo e si comportassero di conseguenza". Gli agenti, da tempo, chiedono che vi siano pene più severe, e certe, in caso di aggressione a pubblico ufficiale, in quanto quando un esponente delle forze dell'ordine è nel pieno dell'esercizio delle sue attività rappresenta lo Stato. Non ritengono giusto, prosegue Paoloni, "che se durante un’attività di servizio un operatore viene colpito da un pugno in pieno volto con coscienza e volontà la persona debba ottenere l'immediata liberazione e non vi sia una immediata censura di questo comportamento".
E rivolgendosi agli avvocati della Camera penale, il sindacalista chiede: "Se durante un’udienza un imputato colpisce violentemente al volto voi, un vostro collega o addirittura un magistrato ritenete giusto che venga immediatamente liberato e non debba trascorrere nemmeno una notte in galera?". Domanda retorica, che serve però a spiegare quale sia lo stato d'animo degli agenti. In parlamento è comunque in atto la discussione di un provvedimento normativo che sanziona in modo più grave chi usa violenza e resistenza a pubblico ufficiale. L'auspicio, ha concluso Paoloni, "è che venga presto approvato.
Non si tratta di una rivendicazione corporativa ma solamente di poter avere le tutele e gli strumenti adeguati per poter dare al cittadino il miglior servizio e avere un Paese sempre più sicuro".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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