Il silenzio di una vittima che subisce violenza sessuale non è una forma di consenso. Lo mette in chiaro il giudice del Tribunale di Milano che ha ordinato l'imputazione coatta di un 32enne accusato di stupro nei confronti di una 27enne con fragilità psichiche. Il pm aveva chiesto l'archiviazione del fascicolo ritenendo che il presunto aggressore potesse aver "frainteso per l'ora tarda e la stanchezza" l'atteggiamento della giovane, la quale non era riuscita né ad opporre resistenza fisica né a urlare per lo choc.
Lo stupro
I fatti risalgono a due anni e mezzo fa, in zona Abbiategrasso, alla periferia Nord di Milano. Verso le 3 del mattino del 13 maggio 2019 il 32enne avrebbe avvicinato la giovane che stava piangendo "accovacciata a terra" sul ciglio della strada per aver discusso con un'amica. L'uomo si sarebbe proposto di offrirle un passaggio salvo poi decidere di condurre la ragazza - "afferrandola per un braccio" - presso la propria abitazione dove avrebbe abusato di lei. Il 24 giugno, a distanza di un mese dall'accaduto, la 27enne aveva denunciato lo sconosciuto. La giovane, morta suicida lo scorso marzo, aveva raccontato agli inquirenti di aver cercato di opporsi "quando la stava trascinando dal furgone all'interno del palazzo" ma di non esservi riuscita. "Ero in stato di choc - furono le sue parole durante l'incidente probatorio - avevo paura, non riuscii né a parlare né a muovermi". È stata ritenuta del tutto inattendibile la versione dell'uomo, che ha sostenuto si trattasse di un rapporto consenziente.
Il gip: "Silenzio non è consenso"
Il 32enne è stato identificato grazie alle indagini tempestive degli investigatori. Per due volte il pm ha chiesto l'archiviazione del fascicolo sostenendo che l'indagato avesse "frainteso" il silenzio della vittima "per l'ora tarda e per la stanchezza". I genitori della ragazza si sono opposti alla richiesta e il gip del Tribunale di Milano ha ordinato l'imputazione coatta per violenza sessuale del presunto aggressore. Facendo riferimento ad alcune sentenze della Cassazione il giudice ha spiegato che "nella fattispecie" di violenza sessuale "non si richiede affatto un manifesto dissenso" della vittima, "quanto piuttosto il consenso" e se questo c'è, deve essere "espresso o, se tacito, deve essere inequivoco". Per il gip, inoltre, il 32enne era a conoscenza che la giovane fosse omosessuale.
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