Condizioni di lavoro "ottocentesche", dice la procura. E a guardare le immagini raccolte dagli investigatori è difficile immaginare uno scenario diverso. Mangiavano e dormivano in fabbrica, senza soluzione di continuità, le sarte e i sarti di due fabbriche guidate da titolari cinesi, a Bollate e a Baranzate. Fabbriche che producono giacche e pantaloni, in questo caso le divise dei commessi dei negozi Tod's, per conto della Maurel srl, a sua volta fornitrice della Ritaglio Magico, con sede legale a Castellanza e che riceve le commissioni direttamente dall'azienda guidata dai Della Valle. Lo facevano giorno e notte, festivi compresi, in "una condizione di para schiavitù" con paghe da "2,75 euro all'ora". Costantemente controllati dalle telecamere dell'impianto di video sorveglianza, utile non solo a monitorare il lavoratore ma anche a fargli sentire la presenza costante del titolare. Picchi energetici dalle 00.00 del 1 gennaio 2024 per tutta la giornata, secondo gli investigatori coordinati dalla procura di Milano, sono la prova che non si sono fermati nemmeno a capodanno, mentre il mondo di solito festeggia o si ferma per il riposo notturno. "Vengo pagato in base alle tomaie che realizzo", ha raccontato un lavoratore di uno stabilimento di Macerata ai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano. Ancora: "Nel periodo in cui non c'è lavoro, faccio le ferie, nel senso che non vengo retribuito".

Per i giudici della sezione misure di prevenzione, che hanno rigettato l'istanza di amministrazione giudiziaria, il compito di dirimere la questione sul piano giudiziario è Ancona, in quanto competente territorialente. Tod's infatti, nel caso delle aziende cinesi collocate in Lombardia era "cliente", quindi tenuta a controlli meno stringenti rispetto alle fabbriche che producono prodotti in vendita al pubblico. Controlli che invece le spettavano, secondo i giudici, nel caso di altre due fabbriche, una con sede a Macerata e l'altra a Torre San Patrizio, in provincia di Fermo, che appunto fabbricavano calzature e capi di abbigliamento da vendere sugli scaffali dei negozi.
La procura di Milano, con il pm Paolo Storari che si è già occupato di sfruttamento del lavoro nel caso di altre maison di moda e altre grosse aziende, la pensa diversamente. Sostiene che sia "francamente incomprensibile la ragione per cui il Tribunale ritiene che il livello di controllo di Tod’s sulla catena produttiva deve arrestarsi quando si tratta di prodotti non destinati alla vendita". La società non è formalmente indagata nel fascicolo del pm con i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano ma risponde in base all'articolo 34 del codice antimafia sulle "carenze organizzative" e "i mancati controlli" che agevolano "colposamente" appaltatori e subappaltatori gravemente indiziati di caporalato. Scrive ancora il pubblico ministero: "L’art. 34, quando censura l’attività di agevolazione di soggetti indagati per caporalato, non si preoccupa certo (e sarebbe sorprendente il contrario) della tipologia di prodotto realizzato in condizioni di sfruttamento. Il Tribunale pare introdurre una sorta di distinzione tra caporalato consentito e non consentito che pare fuori dal sistema".
La procura di Milano ha presentato ricorso in Cassazione - udienza il 19 novembre - anche rispetto a quanto affermato dai giudici d’Appello, che nel rigettare il ricorso presentato
dall’accusa, hanno sostenuto che la responsabilità (da accertare), per omessa vigilanza e agevolazione colposa sia della Maurel, rispetto alle sue aziende sub fornitrici, e non invece una responsabilità diretta di Tod’s.