Cronaca internazionale

Antisemitismo e plagio, si dimette la presidente di Harvard

Con l'intensificarsi delle accuse di plagio, la presidente dell'università di Harvard si è dimessa nella giornata. Le polemiche sugli atti antisemiti ad Harvard e la minaccia di molti finanziatori di interrompere le donazioni ha sicuramente contribuito alla decisione

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Cade un'altra testa dopo le infinite polemiche sull’antisemitismo nei college della Ivy League americana. A soli sei mesi e due giorni dall’incarico che l’aveva fatta diventare la prima presidente donna e di colore dell’università più prestigiosa degli Stati Uniti, Claudine Gay si è dimessa da presidente di Harvard. La posizione dell’accademica si era progressivamente complicata negli ultimi giorni, specialmente dopo le polemiche relative all’audizione di fronte al Congresso degli Stati Uniti, durante la quale aveva più volte rifiutato di ammettere che numerosi atti antisemiti compiuti da simpatizzanti di Hamas violassero il regolamento della storica università del Massachusetts. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sembra uno studio che dimostrerebbe come l’accademica avrebbe fatto ampio uso di citazioni nei suoi paper senza menzionare la fonte ma parecchi sospettano che le ragioni, in realtà, siano molto più concrete.

L’audizione ed il plagio

Le nubi si erano addensate sulla posizione di Claudine Gay fin da quando nel campus di Harvard si erano susseguiti una serie di gesti pesantemente intimidatori messi in atto da sostenitori della causa palestinese nei confronti di studenti di religione ebraica. Nonostante in alcuni casi questi studenti fossero stati costretti a rifugiarsi nelle proprie stanze, temendo conseguenze fisiche, la dirigenza di Harvard si era rifiutata di avviare procedure disciplinari nei confronti dei contestatori. Vista l’ampia eco di questi incidenti, una commissione del Congresso degli Stati Uniti aveva convocato le presidenti di tre importanti università del New England per chiedere conto di questa decisione controversa. A causare enorme scandalo erano state le sue dichiarazioni quando, di fronte alle domande incalzanti della deputata repubblicana Elise Stefanik, la Gay si era trincerata dietro tecnicismi, rifiutandosi di ammettere che i comportamenti intimidatori erano in violazione del regolamento dell’università.

Dr Claudine Gay, President of Harvard University

Nonostante in un’intervista televisiva la presidente di Harvard avesse fatto parzialmente marcia indietro e diversi membri del board della ricca università avessero espresso il loro appoggio, le accuse di plagio avanzate da vari professori universitari hanno reso sempre più insostenibile la sua posizione. Quando un documento contenente ben 40 casi nei quali la Gay avrebbe copia-incollato ampi tratti da opere di altri studiosi senza specificare chiaramente che si trattava di citazioni è arrivato sul tavolo della responsabile dell’integrità delle ricerche Stacey Springs, ignorare accuse così circostanziate sarebbe stato impossibile. Le dimissioni, quindi, potrebbero essere un modo per evitare conseguenze ancora più pesanti.

Le pressioni dei donatori

Il quadro sembra quindi molto chiaro ma molti insinuano il sospetto che le ragioni dietro alle dimissioni della Gay siano in realtà estremamente pratiche. Visto che le donazioni alle università sono scaricabili dalle tasse, gli atenei più prestigiosi hanno accumulato nel tempo patrimoni, definiti endowments, che in alcuni casi superano il miliardo di dollari. Il fiume di denaro che arriva alle varie università ha fatto aumentare a dismisura sia le spese che le rette richieste agli studenti, sempre meno sostenibili visto che il mercato del lavoro, anche negli Stati Uniti, vive un momento estremamente complicato. Se le polemiche negli anni scorsi sugli eccessi woke ed alcune decisioni che sembravano volte ad instaurare un clima ostile nei confronti degli studenti bianchi ed asiatici non avevano avuto conseguenze gravi, gli atti contro gli studenti di religione ebraica hanno scatenato un putiferio.

wall street

A fare molto rumore un documento circolato tra le ditte di Wall Street e gli studi legali più prestigiosi che minacciava di non prendere nemmeno in considerazione le candidature di studenti che avevano firmato un documento considerato da molti antisemitico. Ancora più preoccupante per le casse di Harvard l’annuncio da parte di alcuni uomini d’affari estremamente danarosi che, almeno per quest’anno, avrebbero interrotto le loro donazioni. Anche se nessuno ammetterà mai che le cose stanno così, alcuni commentatori conservatori hanno insinuato il sospetto che le pressioni sulla Gay siano diventate insostenibili quando il board si è reso conto che avrebbe perso centinaia di milioni di donazioni.

Va bene l’ideologia, va bene la diversità, ma quando in gioco ci sono tanti soldi, meglio far posto a personaggi meno controversi.

Difficile che l’allontanamento della Gay riesca da solo a rallentare la deriva woke del mondo accademico statunitense ma, comunque, è un primo, importante passo in avanti.

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