Un mese fa un ex consigliere in materia di antiterrorismo di due primi ministri israeliani ha pubblicato un saggio che si sarebbe rivelato premonitore dei recenti fatti che hanno insanguinato Israele. Yigal Carmon, fondatore e presidente del Middle East Media Research Institute (Memri), lo scorso 31 agosto ha scritto un articolo intitolato "Signs Of Possible War In September-October", ovvero "Segnali di una possibile guerra tra settembre e ottobre". Prove, evidenze e certezze più o meno evidenti messe in fila che non sono tuttavia servite al governo israeliano per evitare lo scoppio della crisi.
I segnali dell'attacco contro Israele
L'analista aveva sottolineato come, negli ultimi tempi, si fosse registrato un aumento degli sforzi da parte dell’Iran e Hezbollah di contrabbandare armi in Cisgiordania, in modo simile al contrabbando di armi a Gaza. "Ultimamente ci sono stati segnali crescenti che una guerra contro Israele potrebbe scoppiare a settembre o ottobre", si poteva leggere nel paper, dove si faceva luce anche sul possibile fattore scatenante. Nello specifico, una spirale di scontri violenti che avrebbero provocato molte vittime, o l'uso di nuove armi da parte di Hamas, Hezbollah e Pij (Movimento per la Jihad islamica in Palestina) che avrebbero causato molte vittime israeliane.
Carmon, che ha lavorato per combattere il terrorismo per Yitzhak Shamir e Yitzhak Rabin, aveva anche preso atto dei recenti rapporti sul potenziale uso di queste nuove armi, come cariche esplosive extra potenti e razzi lanciati su località israeliane. In una situazione, prevedeva l'esperto, Israele sarebbe stato costretto ad intraprendere una risposta su larga scala, al di là delle sue misure antiterrorismo di routine, "anche a costo di una guerra totale". Carmon ha dichiarato al Jerusalem Post che l’attacco di Hamas mirerebbe "ad impedire la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita", per quanto riguarda le relazioni diplomatiche bilaterali.
La previsione della crisi e il ruolo dell'Iran
Anche il ruolo dell’Iran in questo contesto è stato trattato nel suo saggio. Del resto, a giugno, il segretario generale del Pij, Ziad Al-Nakhaleh, affermava, durante il suo incontro con il leader iraniano Ali Khamenei, che quest’ultimo aveva "ribadito (la necessità di) sviluppare l’armamento della Cisgiordania e la resistenza in loco". Nakhaleh aveva quindi aggiunto che "noi, come palestinesi e come forze e movimenti di resistenza, comprendiamo l’importanza di armare la Cisgiordania, ma ciò richiede sforzi da parte degli stessi palestinesi, e anche l’assistenza dei nostri fratelli nella Repubblica islamica dell’Iran".
Il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir Abdollahian, aveva inoltre incontrato a Beirut il segretario generale del Pij, Al-Nakhaleh, il funzionario di Hamas Al-Arouri e altri alti funzionari del gruppo.
In quell'occasione, Abdollahian aveva sottolineato le dichiarazioni della Guida Suprema Khamenei sulla necessità di "aiutare la Cisgiordania" e sul "costante impegno dell'Iran ad assistere la resistenza con tutte le sue forze", aggiungendo che la creazione di una war room congiunta Hamas-Pij sarebbe stata "una mossa intelligente da parte della resistenza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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