Riforma ritirata, proteste e rischio crisi di governo: ora Israele è nel caos

Paese paralizzato, previsti scioperi e proteste in tutte le principali città. Netanyahu avrebbe deciso per il ritiro della riforma, ma l'estrema destra minaccia la crisi di governo

Riforma ritirata, proteste e rischio crisi di governo: ora Israele è nel caos

Sono ore politicamente drammatiche in Israele. L'ultima notte è trascorsa tra proteste, disordini e scontri in molte città. Tutto è partito quando il premier Benjamin Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa, Yoav Gallant. Quest'ultimo aveva pubblicamente consigliato, poche ore prima, il ritiro della riforma della giustizia. La stessa al centro da settimane di un tira e molla tra maggioranza e opposizione.

Con il licenziamento di Gallant, arrivato nel tardo pomeriggio di domenica, Netanyahu ha fatto la sua scelta: andare avanti con la riforma, non permettendo strappi interni alla maggioranza. Contestualmente, anche la piazza ha però fatto la sua di scelta: inasprire la protesta. Sono state organizzate manifestazioni in tutto il Paese. Israele questa mattina si è risvegliato nella più totale incertezza: alle ore 10:00 il premier doveva parlare alla nazione, ma il discorso è stato rinviato. Forse, come sottolineato dal Times Of Israel, per via dei timori dei partiti di estrema destra sul ritiro della riforma. Ipotesi quest'ultima paventata nelle ultime ore.

Le proteste della scorsa notte

Il licenziamento del ministro della Difesa ha fatto da detonatore delle proteste. A Tel Aviv, lì dove il ministero ha la sua sede principale, in migliaia sono scesi in piazza. Bandiere israeliane e bandiere della pace hanno fatto da scenario nelle vie limitrofe all'edificio. I manifestanti hanno urlato slogan contro Netanyahu e, al tempo stesso, hanno chiesto il reintegro di Gallant.

All'ex ministro è andata la solidarietà della gente scesa in piazza a Gerusalemme, davanti la residenza privata di Gallant. Yair Lapid, il leader dell'opposizione, ha parlato di "scelta coraggiosa" da parte del rappresentante del Likud, lo stesso partito di Netanyahu. Per i manifestanti, la detronizzazione di Gallant è stata vista come un ulteriore attacco alla democrazia. Una tematica già presente nelle proteste dei giorni scorsi. La piazza, formata da militanti dell'opposizione, studenti, associazioni e sigle sindacali, ha sempre ritenuto già dal primo giorno la riforma della giustizia come un attacco alla divisione dei poteri, all'indipendenza della magistratura e quindi alla tenuta dell'ordinamento democratico di Israele.

Forse è soprattutto per questo che il licenziamento di Gallant ha provocato una reazione molto importante. A Tel Aviv, così come a Gerusalemme, ad Haifa e in tutte le città israeliane le strade sono state percorse da migliaia di cittadini. In alcuni casi ci sono stati scontri con la polizia per via degli incendi appiccati ai cassonetti. Anche se la situazione è rimasta complessivamente sotto controllo.

Paese paralizzato dagli scioperi

Ma le dimissioni forzate del ministro della Difesa, hanno provocato reazioni anche all'interno del quadro politico israeliano. Netta la presa di posizione da parte del presidente della Repubblica, Isaac Herzog. "Per il bene del Paese e dell'unità consiglio il ritiro della legge", ha scritto in una nota il capo dello Stato. In Israele il presidente ha un ruolo rappresentativo, non può intervenire nei processi legislativi, ma può ovviamente consigliare la via più opportuna al governo in carica. Le parole di Herzog hanno quindi messo Netanyahu con le spalle al muro. Il presidente della Repubblica peraltro sta seguendo da vicino la situazione. I media locali hanno annunciato l'annullamento dei suoi impegni previsti oggi, compresa la partecipazione a un iftar, la cena di fine digiuno durante il mese sacro del Ramadan. Un appuntamento a cui Herzog aveva annunciato la presenza come gesto di attenzione alla comunità musulmana israeliana.

Il premier deve adesso fronteggiare molteplici prese di posizione contrarie alla riforma. Anche il suo avvocato difensore, Boaz Ben Zur, si è schierato contro la proposta di legge. "Viene molto difficile difendere il mio cliente in questa situazione", ha dichiarato alla stampa locale. Una grana non indifferente per Netanyahu, visto che i suoi avvocati sono impegnati nella sua difesa dalle accuse di corruzione in un processo iniziato due anni fa.

La vera insidia però arriva dai sindacati. A partire da questo pomeriggio, è stata indetta una giornata di mobilitazione generale. Hidrasut, la principale sigla sindacale israeliana, ha minacciato di bloccare l'intero Paese. Possibile una serrata nei centri commerciali, così come l'astensione da lavoro nelle principali fabbriche del Paese. Ma già in queste ore si vedono le conseguenze delle mobilitazioni: dalle 10:00 di questa mattina l'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, il principale in territorio israeliano, funziona a singhiozzo. Molti aerei sono rimasti a terra, decine di voli sono stati cancellati.

A partecipare agli scioperi sono anche i medici. Ad annunciarlo sono stati i sindacati di base della sanità israeliana. Da qualche ora, l'attività degli ospedali procede a rilento e sono garantiti solo i servizi base e indispensabili. É la prima volta che il sistema sanitario locale risente di scioperi e mobilitazioni.

Si va verso il ritiro della riforma

Alla luce di una situazione potenzialmente fuori controllo, Netanyahu avrebbe deciso di ritirare la riforma. Lo hanno riferito i principali media israeliani. Stamattina era previsto un suo discorso alla nazione, ma tutto è stato rinviato. Questo perché, secondo il Times Of Israel, dopo l'annuncio dato dal premier agli alleati di governo sul ritiro della riforma, in molti hanno iniziato a minacciare una crisi di governo.

A partire da Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, i leader di Sionismo Religioso. Sarebbero loro ad aver lanciato un ultimatum al premier: senza riforma, la maggioranza salterebbe. Dunque, Netanyahu ha preso altro tempo per decidere. E, probabilmente, lavorare per un delicato compromesso.

Nel frattempo però proprio le organizzazioni e i partiti di estrema destra si starebbero mobilitando per delle contro manifestazioni.

La tensione è quindi molto alta: le strade delle città israeliane potrebbero diventare terreno di scontro tra sostenitori e detrattori della riforma. La polizia è allerta: agenti in tenuta anti sommossa sono chiamati a evitare sul nascere contatti tra le varie fazioni in piazza.

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