Cronaca internazionale

Bts, Squid Games e Hallyu: cosa c'è dietro il boom del Made in Korea

Attraverso l'amplificazione e la diffusione della cultura di massa e dell'intrattenimento la Corea del Sud è riuscita a migliorare la propria immagine internazionale. Ecco come è nata la Korean Wave

Bts, Squid Games e Hallyu: cosa c'è dietro il boom del Made in Korea
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L'hanno soprannominata Hallyu, o Korean Wave, perché proprio come un'onda del mare si alza e travolge tutto quello che incontra, anche la diffusione globale della cultura di massa della Corea del Sud produce gli stessi, identici, effetti. Oggi quasi tutti hanno sentito parlare dei K-drama, le serie televisive sudcoreane, e del K-pop, ovvero la musica pop di artisti e band sudcoreane. Sempre più persone stanno imparando a conoscere, e ad apprezzare, anche l'etichetta K-beauty, che include le abitudini di cura della bellezza provenienti dalla Corea del Sud, e pure la cucina di questa nazione asiatica. Merito del governo sudcoreano che, sfruttando al meglio il proprio soft power, e in seguito ad un'articolata strategia, ha saputo imporsi agli occhi dell'opinione pubblica internazionale.

Le origini del soft power della Corea del Sud

Attraverso l'amplificazione della cosiddetta K-culture, che comprende l'insieme della cultura di massa e dell'intrattenimento made in Korea - dalla musica ai film, dalle serie tv ai giochi online - la Corea del Sud è riuscita a migliorare la propria immagine internazionale, incrementare il numero di turisti in visita nel Paese e rafforzare l’economia. E, soprattutto, è stata in grado di ritagliarsi un ruolo di primissimo piano all'interno del palcoscenico globale, influenzando anche Paesi ben più potenti e affermati.

Tutto nasce negli anni '90. Quando, non a caso, Joseph Nye, della Harvard Kennedy School of Government, coniò il termine soft power, ovvero l’utilizzo di strumenti non militari per promuovere il proprio Paese nel mondo. Fu un concetto rivoluzionario, con il quale si voleva descrivere l’abilità di un dato potere politico di attrarre, convincere, o anche solo persuadere, attraverso l'impiego di risorse intangibili, tra cui "cultura, valori e istituzioni della politica".

In quello stesso decennio l'Asia fu scossa da una grave crisi finanziaria. Passata la tempesta, i danni erano tangibili un po' ovunque. La Corea, una delle famigerati Tigri Asiatiche, si ritrovò letteralmente ad un passo dal baratro. Seoul, tra debiti in scadenza e riserve valutarie a secco, dovette ricorrere a 57 miliardi di dollari di prestiti dal Fondo Monetario Internazionale. Il Paese trascorse anni difficili, fino ad una lenta ma dirompente ripresa.

Ed è proprio qui che la Korean Wave della cultura ha iniziato a prendere velocità. La Corea pensò bene di considerare l’esportazione della cultura popolare dei media come una nuova iniziativa economica, nonché come una delle principali fonti di entrate estere, entrate vitali per la sopravvivenza e il progresso economico del Paese. Detto altrimenti, Seoul puntò su un cavallo che si sarebbe rivelato vincente nel giro di pochi decenni.

L'Hallyu prende quota

La K-culture non è nata per caso. Il governo coreano ha investito un'ingente quantità di denaro in questo settore specifico, creando all’inizio degli anni ’90 la divisione Cultura popolare all’interno del ministero della Cultura. Sia chiaro: molti Paesi investono sul proprio potere culturale, ma non tutti hanno successo.

Per quanto riguarda le origini del termine Hallyu, c'è chi dice che questa parola sia stata coniata nel 1999 dal ministero del la Cultura e del Turismo di Seoul, quando l'istituzione produsse un Cd musicale intitolato, in cinese, "Hallyu - Canzoni della Corea", e chi ne attribuisce la creazione alla televisione cinese che, nel 1997, chiamò "hanliu" la trasmissione delle serie televisive coreane in Cina. Seoul aveva comunque appena piantato il suo seme.

In pochi decenni, la cultura sudcoreana ha preso d'assalto il mondo. A migliorare la situazione dobbiamo ricordare, nel 1998, l'insediamento del presidente Kim Dae Jung, che si autodefinì "Presidente della Cultura". L'anno successivo il governo introdusse la Legge fondamentale per la promozione dell'industria culturale stanziando 148,5 milioni di dollari. Altri, e ben più ingenti investimenti, sarebbero seguiti negli anni a venire.

Dall'Asia al resto del mondo

Possiamo individuare due onde culturali coreane. La "prima" Hallyu si è avuta nel 2002, quando la televisione nazionale realizzò la soap opera Gyeoul yeonga ("Sonata d'inverno"), un dramma romantico che riscosse un enorme successo in patria e nel resto dell'Asia.

Presero quindi vita fumetti, musical e cartoni animati che mandarono in estasi il continente asiatico. Allo stesso tempo le major dell'intrattenimento nazionali – SM Entertainment, JYP Entertainment e YG Entertainment, soltanto per elencarne alcune - iniziarono a puntare sulla musica pop in maniera più professionale e strategica. Il mercato fu invaso dai talent show.

Prese così forma l'Hallyu 2.0, non più limitata all'Oriente, ma apprezzata in tutto il mondo e trainata dalle note del K-pop. Il brand Korea ha dunque prima conquistato l’Asia, poi il pianeta intero. Il salto definitivo è arrivato con la diffusione dei social network e delle piattaforme di streaming come Netflix, che hanno dato risalto alle tendenze culturali e artistiche di Seoul e dintorni.

Non solo cultura

I BTS, una delle band più famose della Corea del Sud, nel 2019 valevano lo 0,3% del pil nazionale, e fornivano all’economia del Paese 4,65 miliardi di dollari derivanti dalla vendita di loro dischi, merchandising e biglietti dei concerti. Nel 2015, invece, Seoul ha esportato cosmetici per un valore totale di 2,64 miliardi di dollari. Sono soltanto due esempi, ma di fronte a cifre del genere è impossibile non attribuire ad Hallyu anche una valenza strategica.

"Dalla musica ai film, dalla tecnologia al cibo, il mondo si è innamorato di tutto ciò che è sudcoreano", ha scritto il Guardian. Per la Cnn, dopo che il mondo ha imparato a conoscere le serie e le canzoni sudcoreane, potrebbe addirittura arrivare presto il momento della lingua coreana: "È una delle lingue più in rapida crescita al mondo, superando in più Paesi rivali tradizionalmente popolari come il cinese e riflettendo il fenomeno globale che molti chiamano l'onda coreana".

La canzone Gangnam Style di Psy del 2012, il thriller Parasite del 2019, la serie Squid Games del 2021 e l'ascesa della band BTS possono essere considerate le vette più alte fin qui toccate dall'Hallyu. "Stiamo tutti cavalcando la cresta dell'onda coreana", ha affermato nel 2021 l'Oxford English Dictionary dopo aver aggiunto al suo interno oltre 20 parole di origine coreana. Un'onda che, a quanto pare, non ha alcuna intenzione di fermarsi.

Proprio come le ambizioni della Corea del Sud.

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