Ciclismo

Cicliste transgender escluse da gare femminili: svolta in Regno Unito

Le transgender potranno gareggiare in una categoria aperta con gli uomini: “Bisogna garantire l’equità della concorrenza”

Cicliste transgender escluse da gare femminili: svolta in Regno Unito

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Stop alle atlete transgender nelle competizioni femminili: questo quanto sancito dalla federazione ciclistica del Regno Unito. Una svolta attesa, sulla scia di quanto deciso dalla federazione di nuoto. Al termine di un processo di revisione e consultazione, le autorità hanno stabilito che le cicliste transgender potranno gareggiare in una categoria aperta con gli uomini. Le competizioni femminili, invece, saranno riservate a coloro “il cui sesso è stato assegnato femminile alla nascita”. La nuova politica si riferisce a tutte le attività competitive - qualsiasi gara o evento che implichi cronometraggio, classifica o premi - ed entrerà in pieno vigore entro la fine di quest'anno.

Cicliste transgender bandite dalle competizioni femminili

"Gli ultimi studi di ricerca hanno indicato che le donne transgender, anche se sottopostasi a soppressione del testosterone, mantengano un vantaggio in termini di prestazioni", la posizione di British Cycling in una nota: “Il nostro obiettivo è sempre stato di promuovere l'uguaglianza, la diversità e l'inclusione, garantendo però nel contempo l'equità della concorrenza”. In base alle nuove disposizioni, le donne transgender potranno ancora gareggiare con le donne in contesti ciclistici non competitivi, come il programma Breeze. Il ceo di British Cycling Jon Dutton ha rimarcato: “Sosteniamo fermamente il nostro approccio di tolleranza zero nei confronti di molestie, bullismo e discriminazione e non esiteremo ad agire in caso di violazione del nostro Codice di condotta, incluso il nostro approccio di tolleranza zero nei confronti di tutti i casi di linguaggio o comportamento discriminatorio”.“Sosteniamo fermamente il nostro approccio di tolleranza zero nei confronti di molestie, bullismo e discriminazione e non esiteremo ad agire in caso di violazione del nostro Codice di condotta, incluso il nostro approccio di tolleranza zero nei confronti di tutti i casi di linguaggio o comportamento discriminatorio”.

La protesta di Emily Bridges

La svolta firmata da British Cycling ha scatenato le polemiche, con il mondo Lgbt in prima fila. Durissimo l’attacco di Emily Bridges, la ciclista transgender più conosciuta del movimento britannico. Per l’atleta ventiduenne si tratta di un atto violento da parte di “un’organizzazione fallita” che“prende soldi dalle compagnie petrolchimiche e si impegna in guerre culturali”: “British Cycling sta promuovendo un genocidio contro di noi. Iniziano dai divieti dallo sport, guardate cosa sta succedendo negli Stati Uniti”. Non paga, la Bridges ha affermato di valutare di lasciare la Gran Bretagna, anche definita “una terribile isola” a causa dell’alto livello di crimini d’odio commessi contro le persone transgender.

Un anno fa l'Uci impedì alla Bridges di prendere il via alla sua prima gara femminile d'élite, nonostante rispettasse le regole e i parametri vigenti all'epoca.

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