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Francia, somministrano diuretici durante i colloqui al ministero: l’incredibile caso che travolge Parigi

Quasi 250 donne in Francia accusano l’ex funzionario Christian Nègre di aver somministrato loro diuretici illegali durante colloqui di lavoro al ministero della Cultura, costringendole a camminare senza accesso ai bagni

Francia, somministrano diuretici durante i colloqui al ministero: l’incredibile caso che travolge Parigi

Una vicenda dai contorni surreali e profondamente inquietanti sta travolgendo il mondo istituzionale francese. Circa 250 donne hanno denunciato un ex dirigente delle risorse umane del ministero della Cultura, accusandolo di aver somministrato di nascosto potenti diuretici, talvolta persino sostanze stupefacenti, durante colloqui professionali. Un comportamento sistematico, durato quasi un decennio, che avrebbe provocato situazioni di grave disagio fisico e psicologico. Ora la giustizia francese è chiamata a fare chiarezza su uno dei casi più sconcertanti degli ultimi anni.

Dal sogno professionale all’incubo

Tra le testimoni c’è Sylvie Delezenne, esperta di marketing di Lille. Nel 2015, quando ricevette un messaggio su LinkedIn da un responsabile del ministero, pensò che la sua carriera stesse per prendere la svolta che aspettava da tempo. L’invito a un colloquio a Parigi, racconta oggi, le sembrò una grande occasione. Invece fu l’inizio di un’esperienza umiliante e traumatica.

Sylvie è solo una delle tantissime donne che oggi parlano apertamente, dopo anni di silenzio e sensi di colpa, convinte all’epoca di essere state loro stesse “inadeguate” o “malate”, senza immaginare che il malessere fosse stato provocato deliberatamente.

Le accuse al funzionario

Al centro dell’inchiesta penale c’è Christian Nègre, dirigente del ministero per quasi vent’anni. Secondo le testimonianze, l’uomo avrebbe offerto alle candidate tè o caffè adulterati con un diuretico illegale ad azione rapidissima. Pochi minuti dopo l’assunzione, le donne avvertivano una necessità urgente di urinare, proprio mentre l’uomo le portava a camminare all’aperto, in percorsi studiati per essere lontani dai servizi igienici.

Molte hanno descritto la stessa dinamica: un colloquio che si spostava improvvisamente in strada; il disagio crescente; la richiesta di una “pausa tecnica” ignorata; la sensazione di vergogna e di perdita di controllo; in diversi casi, episodi di incontinenza in pubblico.

Alcune hanno raccontato di essere state costrette a cercare disperatamente un bar o un locale, raggiungendo il bagno troppo tardi. Le vittime ricordano lo sguardo dell’uomo, spesso descritto come freddo, attento, quasi compiaciuto. "Era come un adulto che parla a una bambina".

Una delle donne ricorda un episodio emblematico: dopo lunghi minuti di crescente urgenza, chiese al funzionario di tornare verso gli uffici. Lui invece si avviò nella direzione opposta e le chiese, guardandola negli occhi: "Hai bisogno di fare pipì?" Un tono giudicato infantile, paternalistico, inquietante. "In quel momento - racconta la donna - una spia rossa mi diceva che c'era qualcosa di profondamente sbagliato".

La scoperta del foglio degli “esperimenti”

Il caso sarebbe rimasto nell’ombra se nel 2018 un collega non avesse denunciato Nègre per un altro comportamento improprio: avrebbe tentato di fotografare le gambe di una funzionaria. Durante la perquisizione, la polizia trovò un documento a dir poco sconvolgente: un foglio su cui l’uomo aveva annotato orari, reazioni e presunti “effetti” delle sostanze somministrate. In cima, una parola inquietante: “Esperimenti”.

Il ritrovamento aprì il primo filone investigativo e portò alla rimozione di Nègre dal ministero. Nel 2019 il dirigente è stato formalmente incriminato per somministrazione di sostanze stupefacenti, violenza sessuale e altri reati. Nonostante ciò, ha continuato a lavorare nel settore privato, in attesa del processo.

Un caso che riporta alla luce altri scandali

Le nuove testimonianze emergono in un contesto più ampio di riflessione sulla violenza facilitata tramite droghe. In Francia, il caso più noto è quello di Gisèle Pelicot, che ha scelto di rendere pubblico il proprio nome nel processo contro decine di uomini accusati di averla violentata mentre era resa incosciente dall’ex marito.

Vergogna, senso di fallimento e vite segnate

Le testimonianze raccolte dai media francesi e internazionali rivelano la stessa ferita comune: la vergogna provata; l’autocolpevolizzazione (“pensavo di aver sbagliato io”, raccontano molte); l’imbarazzo che le ha portate al silenzio per anni; l’impatto psicologico sulla carriera e sull’autostima.

Alcune donne hanno ottenuto un risarcimento in sede civile, ma il ministero della Cultura non è stato ritenuto direttamente responsabile. Per molte altre, la giustizia deve ancora arrivare.

Un processo atteso da anni

Nonostante il numero elevato di testimonianze, il processo non è stato ancora celebrato. Le vittime chiedono tempi più rapidi e una presa di posizione chiara da parte dello Stato, dato che gli episodi sarebbero avvenuti all’interno di un’istituzione pubblica.

Quel che emerge da questa vicenda è la

vulnerabilità di chi cerca lavoro e si trova, anche solo per un colloquio, in una posizione di dipendenza e fiducia. Una fiducia che, secondo le accuse, Nègre avrebbe sfruttato nel modo più crudele e manipolatorio.

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