"Ha gravi vulnerabilità": l'allarme Usa sull'esercito di Taiwan

Taiwan ha effettuato un'esercitazione civile simulando un conflitto tra le due sponde dello Stretto. I risultati hanno particolarmente preoccupato gli analisti statunitensi

"Ha gravi vulnerabilità": l'allarme Usa sull'esercito di Taiwan
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Mentre i riflettori del mondo intero sono puntati sul Medio Oriente, dove è in corso la pericolosa escalation tra Israele e Iran, in Asia le forze armate cinesi continuano a condurre sortite nello Stretto di Taiwan. L'ultima ha coinvolto 15 aerei militari e 7 navi da guerra, con svariati velivoli che si sono introdotti nella Zona d'identificazione della difesa aerea (Adiz) dell'isola. Nei giorni scorsi, proprio per prepararsi in vista di una probabile e futura offensiva da parte di Pechino, Taipei ha effettuato un'esercitazione civile simulando un conflitto tra le due sponde dello Stretto da qui al 2030. I risultati hanno particolarmente preoccupato gli analisti - in primis quelli statunitensi - convinti che le difese taiwanesi siano afflitte da gravi vulnerabilità, soprattutto nel loro perimetro esterno e nelle regioni orientali.

L'ultima simulazione di Taiwan

L'esercitazione - una delle esercitazioni strategiche più dettagliate mai condotte pubblicamente - ha simulato una guerra. Nelle manovre, organizzate da tre think tank locali guidati dalla Taipei School of Economics and Political Science, Pechino è riuscita a prendere il controllo di importanti territori periferici, in particolare le isole Penghu situate a 50 chilometri a est dell'isola principale controllata da Taipei. Non solo: l'Esercito Popolare di Liberazione (PLA) cinese ha lanciato un assalto su più fronti riuscendo a superare rapidamente la risposta iniziale di Taiwan. Tutto questo, ha scritto il South China Morning Post, preoccuperebbe molti strateghi locali e statunitensi, convinti che il fianco orientale di Taiwan e le sue isole al largo siano troppo esposte alle sempre più intense minacce del PLA. In ogni caso, l'esito conclusivo dell'esercitazione - e cioè se la Cina sia riuscita o meno a conquistare definitivamente Taiwan - non è ancora stato reso noto.

In base a quanto emerso, tuttavia, la simulazione he coinvolto quattro squadre che rappresentavano Taiwan, Stati Uniti, Giappone e Cina continentale, tutte supervisionate da un gruppo di controllo. Tra i partecipanti più illustri, oltre a generali e analisti in pensione, figuravano Michael Mullen, ex capo di stato maggiore congiunto degli Stati Uniti; Dennis Blair, ex comandante statunitense nel Pacifico; e Shigeru Iwasaki, ex capo di stato maggiore delle Forze di autodifesa giapponesi. L'inizio delle ostilità, sempre secondo l'esercitazione? Il giugno 2030 quando Pechino, in difficoltà a causa della stagnazione economica e dei disordini interni, e complice l'approfondirsi dei legami tra Stati Uniti e Taiwan, decide di sferrare il suo attacco contro la "provincia ribelle". Nella fase di apertura l'Esercito Popolare di Liberazione invia alcune imbarcazioni nei pressi del confine delle acque territoriali taiwanesi. La risposta? Taipei evita lo scontro diretto schierando navi della guardia costiera e della marina per seguire i mezzi nemici e posizionando sottomarini in "zone di imboscata". E poi?

Il tallone d'Achille di Taipei

Nella seconda fase la Cina schiera tre gruppi d'attacco di portaerei nel Mar Cinese Meridionale e nella prima e seconda catena di isole. Le navi della guardia costiera cinese iniziano intanto a ispezionare e dirottare le petroliere energetiche e i carichi di armi statunitensi diretti a Taiwan. Terza fase: Pechino conquista l'isola di Pratas, o Dongsha, impone un blocco navale, lancia missili a lungo raggio e attacchi informatici contro le infrastrutture finanziarie ed energetiche di Taipei. A questo punto, i prezzi dei voli in partenza da Taiwan aumentano di trenta volte, alimentando l'indignazione pubblica per l'idea che solo i ricchi possano fuggire. Nella fase finale, l'Esercito Popolare di Liberazione aggira Taipei e lancia contemporaneamente attacchi anfibi, con elicotteri e aerei contro le contee orientali di Taiwan e le isole al largo della sua costa.

Il team statunitense stimava che le forze di Taiwan potesser resistere per due o tre settimane fino all'arrivo dei rinforzi. Nella simulazione qualcosa è perl andato storto, intanto perché Taipei non ha reagito subito alla perdita di alcune isole strategiche. Lee Wen Chung, ex direttore dell'Istituto per la Ricerca sulla Difesa Nazionale e la Sicurezza, ha elogiato l'esercitazione per il suo realismo e la sua neutralità politica.

Ma ha anche lanciato un avvertimento: "(La simulazione ndr) ha rivelato efficacemente le debolezze sistemiche del nostro assetto difensivo". In un contesto del genere, in sostanza, Taiwan non può pensare di non rispondere. Se non agirà con immediatezza, hanno spiegato gli esperti, Taipei rischierà infatti di alzare bandiera bianca.

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