I punti chiave
Una tragedia evitabile, legata a una criticità nota all’industria da diverso tempo. Operato da una delle maggiori compagnie regionali d’America, il volo Comair 3272 precipitò durante l’avvicinamento alla destinazione Detroit provocando la morte di tutte le persone a bordo: 26 passeggeri e 3 membri dell’equipaggio, nessun sopravvissuto. Un dramma che sconvolse il Paese e che accese i riflettori su una problematica definita “inquietante” degli investigatori.
Lo schianto del volo Comair 3272
9 gennaio 1997. Il volo Comair 3272 è un volo charter passeggeri tra Cincinnati e Detroit, negli Stati Uniti: una tratta breve operata con un Embraer EMB 120, aereo facilmente manovrabile con prestazioni adeguate. Il primo ufficiale è Kenneth Reece, mentre il comandante è Dann Carlsen: i due piloti sono alla terza tratta della giornata e ai comandi c’è il primo ufficiale. Il volo lascia l’Ohio alle 15.08, l’arrivo è previsto attorno alle 16.00.
Nessuna problematica da segnalare per Reece e Carlsen durante il viaggio, ma durante l’avvicinamento all’aeroporto di Detroit incontrano una turbolenza inaspettata. Mentre il volo Comair 3272 si avvicina alla pista, la torre di controllo viene contattata da un Airbus e viene deciso di dare la precedenza all’aereo più grande. Il primo ufficiale riduce dunque la velocità a 190 nodi, per poi eseguire i controlli di routine durante la fase di discesa. I piloti rispondono correttamente agli imput del controllore, nessun problema all’orizzonte. Almeno per il momento.
Mentre fanno la virata finale, l’aereo si inclina improvvisamente a sinistra: Reece si aspetta che il pilota automatico riporti l'aereo in assetto orizzontale ma questo non accade. Il comandante prova allora a spostare in avanti le manette per prendere velocità, ma neanche questo funziona. Di punto in bianco, infine, il pilota automatico si disattiva. Nonostante i tentativi dei due piloti, l’aereo inizia a precipitare: al termine di un terribile avvitamento, il volo Comair 3272 si schianta in un campo a 35 km a SO della pista. L’aereo è completamente distrutto: nessun sopravvissuto, morti i 26 passeggeri e i 3 membri dell’equipaggio.
Le indagini
Il giorno dopo il disastro aereo del volo Comair 3272, un team di investigatori del National Transportation Safety Board inizia a recuperare rottami da analizzare. Un compito arduo per gli investigatori, sicuramente il più difficile della carriera dell’esperto John Delisi e di quella dell’inquirente Richard Rodriguez, a capo delle indagini. Le autorità individuato quasi subito le scatole nere e tutto il materiale viene spedito a Washington per gli accertamenti del caso.
Ascoltato il controllore di volo, gli investigatori iniziano ad escludere alcune piste: il volo Comair 3272 non è precipitato a causa della vicinanza di altri aerei – la Nasa conferma che la turbolenza di scia di un jet più grande non può aver causato la tragedia – e le eliche dell’aereo non si sono rotte in volo ma a causa del violentissimo schianto, tanto da finire a ventitre metri di distanza dall’area di impatto principale.
Gli investigatori dell’Ntsb valutano un’altra pista, legata al possibile azionamento della leva antincendio, indice di un potenziale incendio al motore. L’analisi degli esperti smonta la teoria allarmante: i danni riportati dai motori sono tutti legati all’impatto. Gli inquirenti sono dunque al punto di partenza, con una tragedia che ha scosso il Paese e ancora nessuna pista valida per motivare il disastro.
Ottenuti i dati del registratore di volo, gli investigatori notano subito un’anomalia: prima della picchiata i motori stavano spingendo al massimo, ma con scarsi risultati. Nonostante le indicazioni del pilota automatico, l’aereo ha continuato a inclinarsi. E per il volo Comair 3273 si sospetta un caso Roselawn, in riferimento al disastro aereo dell’ottobre del 1994 che aveva coinvolto un American Eagle Flight 4184 con un bilancio di 68 morti. Entrando nel dettaglio, i piloti dell’aereo avevano perso il controllo del loro bimotore turbo-elica a causa dell’accumulo di ghiaccio sulle ali, un fenomeno che porta allo stallo aerodinamico.
Gli investigatori sanno che un sottile strato di ghiaccio può essere pericoloso e si chiedono se i piloti non l’abbiano visto. Ma c’è qualcosa che non torna: se l'accumulo di ghiaccio ha causato la perdita di controllo, perchè i piloti del volo Comair 3272 sono stati gli unici a risentire del tempo? Gli investigatori si recano dunque in un impianto di collaudo della Nasa per simulare come e quando il ghiaccio si sarebbe formato. L’approfondimento lascia pochi dubbi: si è formato un sottile ma pericoloso strato di ghiaccio. L’Embrair 120 è dotato di sistemi antighiaccio e sghiacciamento per volare in inverno, ma grazie al registratore di cabina emerge che i piloti non hanno attivato le camere di sghiacciamento. Eppure in base ai report inviati c'era la segnalazione della possibile formazione di ghiaccio
La svolta
I curriculum dei due piloti confermano esperienza e preparazione, quindi risulta difficile comprendere la natura del problema. Gli investigatori contattano altri piloti della Comair per capire come si comportano in situazioni simili. Coro unanime: prima di attivare i sistemi di sghiacciamento si attende sino a quando non si accumulano 3/3,5 centimetri di ghiaccio. Un’idea incredibilmente obsoleta eppure contenute nei manuali della Comair, che contraddice quanto contenuto nel vademecum dell’Embrair, che parla di “passare subito allo sghiacciamento”.
Ma non è tutto. Gli investigatori individuano sei casi precedenti di perdita di controllo di un Embrair dovuto alla formazione di ghiaccio. La Federal Aviation Administration aveva il compito di fissare gli standard di sicurezza per tutta l’industria aeronautica e gli inquirenti fanno un’altra scoperta incredibile: tra i rapporti disponibili, quelli della Comair sono gli unici con indicazioni obsolete sull’ice bridging.
Il memorandum della FAA indica che l’autorità era preoccupata per la formazione di ghiaccio, l’Embrair conosceva la risposta ma perché i piloti della Comair ne erano all’oscuro? Svelato il mistero: la FAA ha sì approvato la revisione dell’Embrair, ma non ha mai imposto alle compagnie aeree di cambiare la procedura. In altri termini, non ha fissato lo standard a cui attenersi.
Nel caso del volo Comair 3272, il pilota automatico attivo ha peggiorato le cose: i due piloti non hanno percepito la gravita della situazione fino all’ultimo. Il comandante ha provato a segnalare l’anomalia, ma era già troppo tardi con l’ala sinistra già installo.
Gli investigatori attribuiscono dunque la responsabilità alla FAA per non aver individuato adeguati standard. Dopo qualche settimana, l’agenzia rende obbligatoria la formazione dei piloti sulle condizioni di formazioni di ghiaccio e sulle contromisure da adottare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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