
Le relazioni tra la Spagna e gli Stati Uniti vivono nelle ultime ore uno dei momenti più tesi degli ultimi anni, dopo che il presidente Donald Trump ha suggerito che Madrid “potrebbe essere espulsa dalla NATO” per non aver accettato di aumentare la spesa militare al 5% del PIL. “Forse dovremmo buttarli fuori dalla NATO”, ha detto Trump durante una conferenza stampa a Helsinki con il presidente finlandese Alexander Stubb, innescando un’ondata di reazioni tra i governi alleati e a Bruxelles.
Le parole di Trump fanno parte di una strategia più ampia con cui il leader statunitense ha rilanciato la sua visione di una NATO “più costosa ma più efficiente”, spingendo gli alleati europei a sostenere una quota di spesa ben superiore al tradizionale 2% del PIL. Spagna, Germania e Italia hanno espresso forti riserve, giudicando la richiesta incompatibile con i vincoli fiscali e sociali interni.
La reazione del governo spagnolo non si è fatta attendere. Il ministro della Difesa Margarita Robles, rispondendo ai giornalisti a Madrid, ha scelto toni fermi ma diplomatici. “Il presidente Trump deve sapere che la Spagna è uno degli alleati più seri e più affidabili”, ha dichiarato Robles. “La cosa più importante è che la Spagna mette in pratica ciò che dice, mentre altri dicono che adempieranno e non sappiamo se lo faranno”. Robles ha aggiunto che “non c’è alcuna preoccupazione” per le parole di Trump e che “le relazioni bilaterali tra Spagna e Stati Uniti, in tutti gli ambiti, e soprattutto nel settore delle Forze Armate, sono magnifiche”. Il ministro ha inoltre ricordato che la Spagna sarà presente al 250° anniversario della Marina americana, segno tangibile – ha detto – di una collaborazione militare solida e di lunga durata.
Sul piano operativo, Robles ha sottolineato che Madrid “risponde sempre a tutte le capacità militari che le vengono richieste” nell’ambito dell’Alleanza Atlantica e che il governo ha intrapreso uno sforzo molto importante per portare la spesa per la difesa al 2,1% del PIL, in linea con gli impegni già concordati a livello NATO. “Siamo fortemente impegnati anche nel sostegno all’Ucraina”, ha aggiunto il ministro, “e spero che il presidente Trump apprezzi lo sforzo e l’impegno dei nostri militari, che è molto grande”. Quanto alla possibilità di partecipare a una missione di interposizione a Gaza – proposta dal presidente francese Emmanuel Macron dopo il cessate il fuoco – Robles ha ribadito che la Spagna “è sempre impegnata per la pace in ogni parte del mondo” e che, “se fosse necessario, lo faremmo, perché non abbiamo mai risparmiato sforzi in seno alla NATO”.
Le parole di Trump sono arrivate a poche settimane dalla conclusione del vertice NATO di Varsavia, dove il leader americano aveva rilanciato la proposta di fissare un nuovo obiettivo del 5% del PIL per la spesa militare di ogni membro. La misura ha suscitato resistenze diffuse: la maggior parte dei paesi europei, inclusa la Spagna, non supera attualmente il 2%. Madrid ha negoziato con il Segretario generale dell’Alleanza, Mark Rutte, per ottenere una deroga formale a quell’obiettivo, sottolineando il proprio contributo qualitativo alle missioni internazionali e alla cooperazione industriale in ambito difensivo. In parallelo, Trump ha ventilato la possibilità di ritorsioni commerciali contro Madrid, annunciando che la Spagna “pagherà di più negli accordi di libero scambio” se continuerà a non rispettare la soglia del 5%.
La disputa tra Trump e la Spagna va oltre la semplice questione contabile: rappresenta due visioni opposte del ruolo della NATO nel XXI secolo. Da un lato, l’approccio muscolare di Trump, che concepisce l’Alleanza come un patto di tipo contrattuale, dove il contributo economico misura la fedeltà strategica; dall’altro, la prospettiva europea – incarnata oggi da Madrid – che vede nella cooperazione multilaterale e nella solidarietà politica la vera forza dell’alleanza.
Dietro lo scontro verbale, il rapporto bilaterale tra Stati Uniti e Spagna resta saldo sul piano operativo e militare. Ma la tensione diplomatica di questi giorni ha ricordato quanto sia fragile l’equilibrio all’interno della NATO in una fase segnata da guerre regionali, riarmo generalizzato e crescente pressione populista.