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Il maltempo, il mistero e il ghiaccio: e l’aereo di Otis Redding si inabissò in gelide acque

Il cantante Otis Redding morì a seguito di un incidente aereo: molte band noleggiavano o possedevano velivoli per i tour. Le cause dello schianto non furono mai scoperte

Il recupero del Beechcraft (Screen Wisconsin Historical Society via YouTube)
Il recupero del Beechcraft (Screen Wisconsin Historical Society via YouTube)
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Nella storia della musica si annoverano diversi brani usciti postumi, ma quello di Sittin’ on the Dock of the Bay di Otis Redding è un caso unico. Venne registrato tra il 6 e il 7 dicembre 1967, ma pochi giorni più tardi l’artista morì in seguito a un disastro aereo. La canzone, un inno allo starsene in panciolle di fronte alla bellezza della natura, restò in un certo senso incompiuta, con dei fischiettii al posto di diversi versi, ma fu anche questa caratteristica a farla diventare un successo internazionale quando venne pubblicata ugualmente a gennaio 1968.

La vicenda dell’incidente aereo di Otis Redding invece presenta alcune similitudini con quelli occorsi ad altri musicisti prima e dopo di lui. Ovvero Buddy Holly, Ritchie Valens e The Big Bopper, che perirono il 3 febbraio 1959, e alcuni membri dei Lynyrd Skynyrd che trovarono la morte a seguito di uno schianto il 20 ottobre 1977. Tutti questi artisti, a causa dei continui spostamenti legati a esibizioni dal vivo, acquistarono o noleggiarono infatti un velivolo che ebbe un terribile incidente.

Chi era Otis Redding

Probabilmente non esiste una persona al mondo che, anche involontariamente, non abbia mai sentito una canzone di Otis Redding. I suoi brani infatti sono stati ipersfruttati nella pubblicità e al cinema: per esempio I’ve Been Loving You Too Long, oppure versioni originali da brani altrui come Try a Little Tenderness, My Girl oppure Knock on Wood, e ancora canzoni scritte ma poi rese celebri da altri come Respect, della quale tutti ricordano associata la voce di Aretha Franklin.

Fu una vita breve ma costellata di musica quella di Otis Redding (fu praticamente a un passo dall’entrare nel luttuoso Club 27): nato in Georgia nel 1941, mosse i suoi primi passi tra nel note nella locale chiesa battista. La sua carriera artistica prese invece il via nel 1960 e da allora si susseguirono dischi, tour, passaggi in radio e in televisione.

E quindi, come accennato, fu in un certo senso costretto dagli eventi a optare per una soluzione logistica che velocizzasse gli spostamenti da un luogo all’altro per i concerti e le apparizioni. Questa soluzione si concretizzò nell’acquisto di un bimotore Beechcraft 18, che poi fu il mezzo protagonista dell’incidente aereo che uccise il cantante e la sua band, i Bar-Kays.

Lo schianto nel fiume

L'ultima apparizione di Redding in tv
L'ultima apparizione di Redding in tv (Screen News 5 Cleveland via YouTube)

Il Beechcraft 18, chiamato anche Twin Beech, è un bimotore ancora oggi prodotto dalla Beech Aircraft Corporation, che apportò numerosissime modifiche al modello originario che è datato 1937. Si tratta di un velivolo piccolo, capace di ospitare fino a 11 passeggeri, e fu proprio il modello con cui Otis Redding ebbe l’incidente.

Nei primi giorni di dicembre 1967, Redding era impegnatissimo con il suo mestiere di musicista. Aveva registrato alcuni brani in uno studio di Memphis, nel Tennessee, ma era prevista un’apparizione in una tv di Cleveland, in Ohio, e successivamente un concerto a Madison, nel Wisconsin. Un percorso lungo oltre 1200 miglia terrestri, quasi 2000 chilometri, un itinerario troppo faticoso e dai tempi ristretti per essere affrontato su ruote.

Così il 9 dicembre, dopo aver telefonato alla moglie e ai figli, l’artista partì alla volta di Madison, dove avrebbe dovuto esibirsi in un locale, il Factory. Contro di lui e la sua band, su quel piccolo aereo, c’erano due fattori sfavorevoli: i tempi risicati e il maltempo. Il tragitto era funestato da nebbia e pioggia, il che incise con la scarsa visibilità. Ma non si sa cosa abbia provocato l’incidente in realtà, dinamica e cause non furono mai stabilite con certezza.

Quel poco che si sa è legato alle comunicazioni del velivolo e al racconto dell’unico sopravvissuto. Il volo, in effetti, sembrò andar bene: a 6 chilometri e mezzo da Truax Field a Madison, all’alba del 10 dicembre 1967, il pilota Richard Fraser chiese alla torre di controllo di consentire l’atterraggio. Ma il Beechcraft non giunse mai sulla pista, perché si schiantò nel lago Monona.

Con Redding e il pilota morirono tutti i membri della band tranne uno: i loro nomi erano Jimmy King, Phalon Jones, Ronnie Caldwell, Carl Cunningham, Matthew Kelly. Sopravvisse loro Ben Cauley, che si era addormentato, ma si svegliò qualche minuto prima dello schianto, sentendo Jones esclamare: “Oh, no!”. Quando l’aereo si inabissò, Cauley, che non sapeva nuotare, afferrò un sedile del velivolo e così si salvò.

Fu molto complicato recuperare i corpi: il lago era ghiacciato e lo stesso Redding si era congelato sul pavimento del Beechcraft e, per essere estratto, ci volle l’impiego di una fiamma ossidrica. Molti dei suoi resti finirono ustionati e al corpo fu tagliato un braccio. Sulla mano aveva ancora un anello d’oro, un dono della moglie, con l’incisione “Otis Redding, The Big O”: fu riconosciuto subito grazie a esso.

I suoi funerali si svolsero il 18 dicembre, e vi parteciparono i nomi più importanti della black music, da James Brown a Stevie Wonder, fino a Solomon Burke e Aretha Franklin.

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